BATTELLI ARABESCATI DI GHIACCIO

Riprendo un bellissimo pezzo di storia e ambiente, postato oggi dall’amico Willi sul sito di Meteocomo, tanto per consolarci un po’ e… tentare di riscaldarci!!!

Siamo al febbraio 1929, mese celebrato e ricordato tra le massime espressioni degli inverni del XX secolo.
Tutto ha inizio tra San Silvestro e Capodanno. Nella Valle Padana irrompe aria gelida, all’origine di temporali e persino grandinate che interessano anche la nostra provincia. Il 2 gennaio Como è ricoperta da 6 centimetri di neve. La temperatura, nei valori minimi, inizia una lenta discesa fino a sfiorare i 10 gradi sotto lo zero il 13 gennaio.
Nel tardo pomeriggio del 24, dopo un inizio di giornata con “tempo nebbioso ed incerto”, riprende a nevicare. “Dapprima lenta e minuta, poi spessa ed a falde larghe, la neve ricopre alberi, comignoli e strade. Nella notte la città assume l’aspetto caratteristico delle grandi nevicate ed ognuno si affretta a casa, pensando al tepore dei caminetti o delle stufe che possono compensarlo del disagio provato sulla via”.
Anche se il freddo dell’ormai prossimo febbraio non è ancora giunto, le statistiche di gennaio sono già implacabili: in città la temperatura media è inferiore a quella che si registrerà nel gennaio ’63 e nel più recente gennaio ’85.
Quella di gennaio, scrive La Vedetta di Monteolimpino, “è stata una vera ondata (termine ormai comunemente accettato) di freddo rigoroso. E fu così dovunque. I giornali ce ne tennero informati. I delicati cittadini del centro, dicono (celiando) che noi rionali di Monte Olimpino ci troviamo sui Carpazi. Come gli ambrosiani di Milano che chiamano montanari quelli di Montemerlo, là nel parco tra i bastioni!
Ma le cifre sono cifre: a Como temperatura 9° sotto zero. A Ponte Chiasso 12° sotto zero. A Monte Olimpino massimo 6° sotto zero. Tanto… per la storia. Sta il fatto però che il freddo ci fu pure qui, e sentito. E tutto si raffreddò. Sospese le quotidiane funzioni serali alla Chiesa; sospesi tutti i lavori e le attese sistemazioni; chiuse le società; regime conventuale nelle sere deserte. Stufe affollate, geloni ai piedi, lane dovunque, e tossi tossi… e funerali!”
Con febbraio ci si propone di riprendere in pieno la “multiforme vitalità religiosa e civile”. La “signora merla” non si accontenta però dei suoi soliti tre giorni di festa di fine gennaio, e la protrae per tre settimane. Sono le più tremende: “temperature polari, geli non mai provati”. Quella che continua ad essere chiamata ondata sembra voler travolgere tutti. Tra il 14 ed il 15 febbraio Como, Lecco, Bellano e molte altre località registrano valori termici che non verranno mai più toccati fino ai nostri giorni. É così per i -12,5°C registrati a Como il 15 di febbraio (valore più basso dal 1926 ad oggi), per i -13,0°C registrati a Lecco il 14 di febbraio ed i -12,0°C di Bellano.
Sono questi i valori lacuali in grado di arabescare le sponde, i pontili, le prue dei battelli, solidificando gli spruzzi di acqua sollevati durante la navigazione o sospinti dal vento in forme inconsuete e tanto spesse da rimanere nella memoria.
Come nel gelido dicembre 1879 il lago di Pusiano ghiaccia completamente. Lo spesso e solido strato che si forma, dà sicurezza ai giovani del paese che si avventurano in lungo ed in largo sulla superficie. Qualcuno, più audace, percorre in moto il tragitto di andata e ritorno tra Casletto e Pusiano.
Anche nell’Olgiatese l’inverno è “eccezionalmente crudo”. Accanto ai valori ufficiali dell’osservatorio, afferente all’Ufficio Idrografico del Po e posizionato a 407 metri sul livello del mare, si compiono misurazioni nei luoghi più esposti alle inversioni termiche, e ben noti per i loro rigori. Ecco allora come alla stazione della ferrovia si arriva a -18°C, alle Fornaci si toccano addirittura i -20°C… cinque gradi in meno rispetto al valore dell’osservatorio. La salute pubblica si mantiene in generale ottima, nonostante una mortalità superiore al normale. Nessun incidente degno di nota, ad eccezione di qualche capitombolo sul suolo ghiacciato e lievi infortuni di lavoro.
Anche sui Carpazi di Como l’ondata passa senza colpo ferire:“Tutti vivi!” titola La Vedetta di Monteolimpino. Il febbraio del 1929 è terminato, consegnandosi agli annali senza che alcun significativo episodio di neve abbia avuto la possibilità di addolcire il clima.

 

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