La coltura dei campi e l’allevamento del bestiame sono sempre stati strettamente dipendenti dalle situazioni meteorologiche; la meteorologia popolare riflette, nel suo insieme, la saggezza di coloro che, generazione dopo generazione, hanno osservato la natura per capire e prevedere le condizioni atmosferiche. Attente, quanto assidue, considerazioni di tipo empirico, ma non per questo prive di un certo fondamento, hanno dato origine a tutta una serie di indicazioni preventive e operative, tramandatesi in parte fino ai nostri giorni; ognuna di esse racchiude in sé la chiave utilizzata dalla civiltà contadina tradizionale per decifrare i segreti della terra e corredarli di un orizzonte di segni entro cui muoversi. Nel corso dei secoli, il pensiero meteorologico popolare si è condensato in decine e decine di proverbi, trasmessi in un primo tempo solo oralmente e poi trascritti negli almanacchi; molti si distinguono per i toni arguti o per la rima riuscita: quand el suu al fa ugin, aqua in sul cupin, quando il sole si affaccia tra le nuvole arriva la pioggia . La parte più consistente di questo patrimonio si riferisce al ciclo delle piogge, ai cicli astronomici del sole e della luna, con i vari santi che presiedono le giornate chiave del trapasso da una stagione all’altra; numerosi altri detti riguardano il lavoro nei campi, la bachicoltura, il ciclo dell’allevamento del maiale, la viticoltura, la migrazione e la riproduzione degli uccelli.
Qualche riferimento per il mese che ci sta accompagnando…
Il 1° di novembre il freddo comincia a farsi sentire: pai Sant, paltò e guantper il giorno di Ognissanti, cappotto e guanti. Tuttavia nei giorni attorno a San Martino (11 novembre) si assiste molto spesso a un breve periodo di tempo bello e caldo: l’estaa da San Martin al dura tri dí e ‘n cicinín, l’estate di San Martino dura tre giorni e un pochettino. L’inverno si annuncia lungo e rigido se 1’11 novembre si mette a tuonare o se il sole tramonta a ciel sereno; in Valtellina, se il giorno di San Martino è nuvoloso significa che l’inverno sarà precoce e di breve durata, e viceversa. Il giorno di Santa Caterina (25 novembre), proprio a causa dell’epoca in cui cade la festa, è considerato apportatore di neve: santa Catarina la végn cul sachètt de la farina, Santa Caterina arriva col sacchetto della farina, insieme a Sant’Andrea (30 novembre) e a Sant’Ambrogio (7 dicembre), che sono altri due santi legati all’inizio dell’inverno e quindi associati alle prime nevicate: sant’Andréa mercant da néf e sant’Ambrós mercant pussè gross, Sant’Andrea mercante di neve e Sant’Ambrogio mercante ancor più grande. Per questa data il sole non scalda più: a santa Caterina il sóo al saluda e al s’incamina, il sole saluta e s’incammina, per cui si deve preparare la legna nell’imminenza dell’inverno: par santa Catarina tira dent ‘na fassina, per Santa Caterina prepara in casa la fascina. L’inverno prende definitivamente avvio il 30 novembre: a sant’Andréa ul frécc al va in cadréga, per Sant’Andrea il freddo si fa pungente .
Molti di questi proverbi, però, per colpa dei cambiamenti climatici in atto, potrebbero dover essere riscritti o addirittura cancellati del tutto. Al limite, considerati “inattendibili”, ma lo studio dei proverbi potrebbe anche essere utile a fornire un’indicazione indiretta dei cambiamenti climatici che avvengono localmente. Se le cose dovessero continuare ad andare così, ce ne resterà solo uno: tempo pazzerello, guarda il sole e prendi l’ombrello.