COLTIVARE SOLO il proprio orticello?

I quotidiani locali hanno dato ampio spazio a quanto sta accadendo sulla collina di Cardina, dove un intervento edilizio, ancorchè lecito, sta creando numerosi disagi dal punto di vista viabilistico, di sicurezza per gli abitanti e potrebbe pregiudicare gravemente l’equilibrio geologico del territorio.

Ora pare che tra la popolazione locale vi sia una sorta di disinteresse, nella convinzione che altri siano i problemi del quartiere e che gli abitanti della collina stiano facendo rumore solo per salvaguardare i propri interessi, per tutelare il privilegio di vivere in un ambiente esclusivo e cercando di tenere lontano eventuali scocciatori.

Non mi pare sia il caso; ma quand’anche così fosse, dobbiamo renderci conto che la frenetica attività edilizia che sta aggredendo il nostro territorio è esclusivamente speculativa, e per l’interesse di investimenti individuali viene sacrificato un patrimonio collettivo, magari con la scusa dello sviluppo dell’economia e del turismo, ma più concretamente perchè l’attività edilizia forma beni rifugio e le case sul lago valgono più delle azioni quotate in borsa, soprattutto alla luce degli attuali chiari di luna, con un continuo incremento di valore.

Tutti, quindi, dovremmo lavorare, senza preconcetti ed individualismi, perchè all’assalto del cemento che uccide il territorio, si oppongano programmi di valorizzazione dei tesori rappresentati da cultura e paesaggio, e mi pare che perchè la Collina di Cardina rimanga così come è, valga la pena di alzare la voce!

GIORNATA DEL TRICOLORE

Le trincee della Maiocca nella strategia del generale Cadorna

Il generale Luigi Cadorna temendo che Austriaci e Tedeschi potessero invadere la Svizzera per poi calare nella Pianura Padana, fece costruire una linea difensiva lungo il confine svizzero, che sarà poi chiamata Occupazione Avanzata Frontiera Nord.

Le truppe sul territorio erano tante: la brigata di fanteria TORTONA a Como, la milizia territoriale sui monti lariani, i bersaglieri ciclisti a Olgiate Comasco, gli artiglieri in Val d’Intelvi, gli alpini sciatori in Alto Lario.
Presidiarono il confine fino al 24 ottobre 1917, quando gli Austriaci e i Tedeschi ruppero il fronte italiano davanti a Tolmino e Tolmezzo. La disfatta di Caporetto chiamo’ anche questi uomini a resistere sul Piave.
Da allora le Trincee O.A.F.N. furono abbandonate.

A ricordo di un grande attore e regista monteolimpinese

MEMORIA DA PAEES

In ‘sti cent’ann, o Mundrumpin, t’ee quasi
perduu la memoria da paees
cun lee a t’ee perduu ‘nca dàsi dàsi
i tò bei viit, i tò murùn, i scees:

la tera che cantava cun la geent
che nava in prucesiun in di tò gees,
viva e lusenta cumè un gran serpeent,
a ligà streec insema tanti imprees.

Cun lee a gh’è sparii la tua rusada,
l’arieta celestina, ul suu curtees,
la lunga primavera infiuchetada
da zuff de rebugnaach e da scirees.

Gh’è sparii i giooch di fioo adree i paiee,
ul bacan dal furmeent trebiaa in da l’era,
ul cantà di scigaad e di pulee,
i fiamàscur dal scèp traa in giir par tera.

Quel pudè, par i grand, cuntàla su,
la festa, in usteria o sul segraa;
quel cuur infularmaa dal dillaù,
par turnà a cà cuntent da vess stracaa.

Quela parola dida quand che tòca,
quela careza mai rivada in fuund,
e quel basin cunt tutt ul coor in boca,
butaa là svelt, ma che ‘l vareva un muund…

Ul ben mja faa dumà cun l’andà in gesa,
ma in dal pruveed par quj che gh’à bisogn;
quel cercà sempar da truvà un’intesa:
tutt ropp svanii, cumè fudessan sogn!

A Cardina anca ‘l laghett mò l’è sugaa…
La Cà de l’Amicizia l’è sarada:
inn pooch a regurdass che i Scapigliaa
pai lumbaard ànn faa lì da batistrada!

Se da su là mi guardi adess la fera
di straad tutt impregnaa da garavan,
cui cà ch’inn tutt faa su ‘na quei manera,
cui geent che sann pu nanca quel che fann,

rimpiangi i teemp e tutt i ropp ch’è moort
senza capì che a guardà indree gh’u toort.

BERNARDO MALACRIDA

PARATIE and Co…

La regolazione del lago di Como: Proposte di miglioramento
Atti della Tavola Rotonda svoltasi presso la Biblioteca Comunale di Como, 29 novembre 1990

Io ritengo che, anche per un problema di regolazione dell’acqua del bacino del Lago di Como, debba intervenire una visione del problema un po’ più ampia di quella che, stringi stringi, si riduce ai guai della Piazza Cavour. Mentalmente ho fatto una analisi di tutte le sponde del Lago di Como e mi sono accorto che, più che della piena, i paesi soffrono della magra. La piazza di Como è l’unica che, quando il Lago sale, si inonda, mentre invece, per esempio, sulla sponda di Cadenabbia, Tremezzo e Argegno, quando il Lago è basso sorgono dei grossi problemi su tutte le opere portuali. Il Genio Civile ha dovuto rinforzare le fondazioni del porto di Argegno perchè tutti i pali erano stati messi allo scoperto dalla magra del Lago, con grave compromissione della stabilità delle banchine e dei moli.

Relativamente alla regolazione, non entro nel merito; hanno già parlato esimi professori che hanno detto cose miracolose, tuttavia penso che non sia logico non accumulare acqua e poi dire: di acqua non ce n’è più e non ve ne diamo più. Io credo che in una gestione democratica del territorio le esigenze di tutti debbano essere rispettate comprese, non ultime, quelle dell’agricoltura, perchè, probabilmente, anche i comaschi si nutrono dei prodotti del Lodigiano e forse si servono anche della corrente elettrica prodotta dalle centrali dell’Adda.

Per il mio intervento di oggi ho ripreso più che altro delle idee che avevo maturato quando avevo fatto lo studio di quella struttura urbanistica (in seguito denominata Il Tubolario) immersa nel Lago di Como e come allora oggi, nell’affrontare il problema del bacino, mi chiedo: visto che tutte le difficoltà nascono dalla Piazza Cavour, è per caso questo l’unico problema irrisolto di cui soffre la città di Como? Ho provato allora a mettere in fila quelli che potrebbero essere altri grossi inconvenienti per la città.
Abbiamo una deficitaria viabilità interna (del resto comune a tutte le città), una deficitaria viabilità con il territorio limitrofo, dove attualmente tutte le sponde hanno un’unica strada e quando questa viene interrotta per una frana (magari dovuta a magra del Lago) o altro, si crea un enorme intralcio per tutta la mobilità che deve essere dirottata nelle valli laterali. Abbiamo poi scarsità di viabilità protetta ossia quella di tipo autostradale, scarsità di viabilità su ferro, sia metropolitana che per movimentazione merci, si hanno infine carenze infrastrutturali di vario tipo in rapporto allo sviluppo economico-sociale della città e del suo circondario.
Riprendendo le idee di un tempo, posso mostrare come la viabilità potrebbe avere ulteriori sfoghi. Per esempio, una strada che partendo da Borgovico arrivasse fino a Rebbio, potrebbe fare da duplicata alla strada che scende da Camerata e che praticamente oggi è l’unica strada tra la zona di Grandate ed il Lago. Con la galleria questa strada potrebbe essere facilmente realizzata. Così potrebbe essere costruita un’altra strada a est e quindi realizzare altri collegamenti da integrare in un sistema di tipo autostradale, sistema che per me da per scontato l’esistenza della Pedemontana (strada di cui tutti ne sentiamo il bisogno). Potrebbe inoltre essere costruita una strada subacquea che attraversando il Lago in corrispondenza di Villa Geno e arrivando subito dopo Villa Olmo (in quel tratto il lungo Lago praticamente disabitato potrebbe con varie eliche collegarsi all’autostrada esistente) chiuderebbe un anello autostradale intorno a Como. Riprendendo inoltre la mia idea di strada subacquea che porta fino a Colico, Como risulterebbe essere servita dall’autostrada che porta a Milano, dalla Pedemontana Varese-Como-Lecco-Bergamo, dall’autostrada che porta a Lugano e dall’autostrada che dirigendo verso Colico potrebbe stendersi sia verso la Valtellina che verso un futuro Traforo dello Spluga, a questa viabilità possiamo addirittura sovrapporre anche la sistemazione ferroviaria; si vede bene come l’affiancamento della ferrovia all’autostrada subacquea trova un facile collegamento con l’esistente rete. La linea delle Nord potrebbe diventare, una volta interrata, la metropolitana di Como, che potrebbe servire sia tutto il Lago che i paesi già serviti, arrivando direttamente a Milano come linea metropolitana regionale. Con queste prospettive viabilistiche ritengo che la Piazza Cavour potrebbe essere contemporaneamente servita e salvaguardata.
La mia proposta per evitare le inondazioni della Piazza Cavour, in breve, consiste nella costruzione di una diga subacquea in corrispondenza dell’attraversamento di Villa Geno proprio sulla stessa linea del tracciato della strada subacquea prima illustrata. All’interno della diga, oltre alla citata strada, potrebbero essere ricavati ulteriori contenitori per tutte quelle attività, come i grandi magazzini, i supermercati, le discoteche, i cinematografi, i musei, eccetera al servizio della città. Naturalmente la diga dovrebbe fermarsi almeno 5 o 6 metri sotto il pelo dell’acqua di magra. Superiormente, riprendendo in scala più grande l’ottima idea dell’ing. Rusconi, verrebbero installate delle paratie mobili automatiche.,

Facendo riferimento al marchingenio illustrato in figura si avrebbe un galleggiante ed un contrappeso. Il giorno che un sensore rivelasse l’innalzamento del livello del Lago oltre un certo limite, l’aria pompata in questo galleggiante da un compressore attivato dal sensore, facendo uscire l’acqua dal contenitore porterebbe il galleggiante al livello dell’acqua e da questo momento in poi questa barriera potrebbe difendere il bacino antistante la Piazza Cavour anche contro innalzamenti del resto del Lago dell’ordine di 2 o 3 metri. A mio avviso Piazza Cavour dovrebbe restare così com’è, senza stravolgere l’attuale sistema di scolo delle acque superficiali, e non credo che l’aspetto ecologico o ambientale possa essere turbato dalla presenza di questa specie di salsicciotto galleggiante che interrompe la continuità del Lago solo qualche giorno ogni anno. In opportuna posizione ho previsto inoltre una specie di molo con inserita una conca che possa permettere sia il passaggio dei battelli, sia il passaggio di barche quando i due bacini sono a quote diverse; perciò quando le quote sono identiche questa diga sarebbe tutta sott’acqua e l’ambiente sarebbe inalterato.
A questo punto, senza essere facile profeta, qualcuno potrebbe obbiettare: ma quanto costa un’opera come quella proposta? Ho fatto quattro conti molto alla grande ed ho calcolato che il costo potrebbe aggirarsi attorno ai 400 miliardi (di Lire). Perciò è chiaro che, potendosi ricavare all’interno della diga molti spazi per parcheggi, strade e servizi vari, il costo risulterà ripartito su diversi capitoli. I 400 miliardi potranno anche sembrare tanti, però se noi pensiamo alla proposta di prepensionamento di 7.000 dipendenti avanzata dalla Olivetti, ritengo che detto importo sia da considerare come un investimento irrilevante. I prepensionamenti, inoltre, alla collettività non solo non rendono niente ma addirittura costano per i mancati apporti versati dalle aziende. Quando poi sento parlare di interessi sull’ordine di 3.000 miliardi annui legati alla produzione di energia elettrica, le mie convinzioni si rafforzano. La città di Como, con un simile investimento, potrebbe essere servita sia dal punto di vista della viabilità, che da quello delle infrastrutture in maniera molto più completa che non con certe soluzioni di piccolo respiro. Personalmente ritengo che se si vuol guardare avanti e non farsi redarguire dal Censis che accusa l’Italia di non avere investito nel futuro, a questa diga, dai più giudicata fantascientifica, forse val la pena di pensare. Se non altro per far maturare l’idea come fatto culturale in modo da predisporre l’opinione pubblica ad essere più ricettiva alle soluzioni globali e di ampio respiro in contrapposizione alla cultura dell’emergenza che propone solo soluzioni già vecchie prima di essere realizzate.

Gianfranco Magrini ingegnere libero professionista

Per chi non avesse dimestichezza con l’inglese…

La FONTANA di ROCKEFELLER

Questa fontana, ricca di una scultura elaborata, ha una storia lunga e travagliata. Conosciuta come la fontana di Rockefeller, dopo che il benefattore William Rockefeller (1841-1922) la ebbe donata a New York City, la fontana, che ora è un simbolo ufficiale di New York, è stata eretta una prima volta a Como in Italia.

Nel 1860, la città di Como cominciò a riempire parti del porto lungo il lago, non più usato per il traffico commerciale, per costruire Piazza Cavour progettata egualmente come luogo di svago per i turisti ed i residenti. La nuova piazza non ebbe un completo successo. Il relativo scopo originale non fu mai compiuto ed fu usata per lo più come campo militare di parata. Nel 1870, un commerciante milanese chiamato Sebastiano Mondolfo, residente in una villa in Borgovico e presidente della società di navigazione Lariana, offrì alla città 20.000 Lire per comprare una fontana monumentale del Palazzo Litta a Lainate, ed usarla per abbellire Piazza Cavour. I maggiorenti della città rifiutarono il programma originale, credendo che una rilocazione di una tal opera d’arte dal palazzo riservato all’aristocrazia ad uno spazio pubblico fosse inaccettabile. Pertanto Mondolfo usò la sua offerta nel 1872 per assumere uno scultore locale chiamato Biagio Catella per progettare una nuova fontana. In poco più di sei mesi, Catella, con una squadra di artigiani, completò la fontana scolpita in marmo bianco italiano e composta da una immagine centrale di un cigno circondato dalle creature del mare e dalla scultura ornamentale. Il 23 settembre 1872, la fontana fu attivata. Alimentata da un piccolo aquedotto da Monte Olimpino, la fontana svolse una funzione pratica per la comunità, fornendo l’acqua potabile.

Il risultato estetico fu argomento di dibattito acceso e perfino ridicolo. Alcuni “molto pudichi” osservatori ebbero da ridire sulle figure femminili nude delle naiadi per gli effetti negativi che avrebbero potuto avere sulle morali dei bambini in giovane età. Altri ritennero che il cigno assomigliasse più molto esattamente ad un’oca. Le creature del mare in generale furono percepite come linguaggio figurato non consono al lago d’acqua dolce adiacente. Quelli situati nelle più alte zone della città si dissero preoccupati che le acque necessarie per fare funzionare la fontana, avrebbero richiesto troppa pressione per i loro rifornimenti idrici. La Comunità si divise fra coloro che gradivano la fontana e coloro che si opponevano alla sua realizzazione (“gli anti-fontanisti”). A risolvere la controversia ci pensarono le acque del lago corrodendo le fondamenta del materiale di riporto già nel 1890. Una crisi dell’economia comunale lasciò la città senza le risorse per la riparazione e per il funzionamento e la fontana fu smantellata e messa in un deposito nel 1891. Nel 1899, un’esposizione e un fuoco disastroso appesantirono ulteriormente la situazione finanziaria della città e, nel tentativo d’alleviare il debito locale, il consiglio comunale autorizzò la vendita della fontana per 3.500 Lire (l’equivalente valutato allora di $637). Nel 1902, William Rockefeller comperò la fontana investendo altri $25.000 per portarla nella città di New-York, in cui fu installata al giardino zoologico del Bronx nel 1903. Successivamente, gli architetti Heins e La Farge progettarono una nuova sistemazione e, nel 1910, la fontana fu spostata verso la posizione attuale nel lato nord del giardino zoologico alla Astor Court. Nel 1968, la fontana è stata designata simbolo ufficiale di New York City ed è uno dei pochi monumenti locali che ha questo onore.

https://www.nycgovparks.org/parks/bronx-park/monuments/789