Racconti

I RE MAGI

Di loro si parla nel Vangelo di Matteo. L’evangelista li descrive come uomini sapienti, esperti in astrologia, persone che sanno riconoscere i segni del cielo. Si direbbe che fossero molto ricchi, considerando gli oggetti che portano in dono. Li immaginiamo vestiti di abiti sfarzosi, dalle stoffe lucenti e ricercate, come dei re. «Magi», la parola usata nel Vangelo per nominarli, ha un’accezione positiva e non ha nulla a che fare con chi pratica la magia per strabiliare la gente, infatti il singolare di Magi è Magio, non Mago.
La tradizione vuole che siano tre, ma questo numero è dato dalla relazione con i doni che portano: oro, incenso e mirra. In realtà sul numero dei Magi non si sa nulla con certezza e nemmeno sulla loro provenienza, a cui si accenna con un generico «da Oriente». Insomma, sono personaggi sui quali aleggia un alone di mistero. E poi c’è anche la storia del quarto Magio.
È una leggenda, ma è molto bella: il quarto re Magio all’ inizio era partito con gli altri tre. Aveva deciso di regalare a Gesù un sacchetto di perle. Ma per strada, quando incontrava qualche bisognoso, ne regalava una. Di bisognosi ne incontrò parecchi perciò – regalane una di qua e regalane una di là – le perle furono presto finite. Lui non se la sentì di proseguire il viaggio a mani vuote e si fermò: che figura ci avrebbe fatto davanti agli altri che avevano conservato i loro preziosi doni? Ma quella notte sognò Gesù che lo ringraziava delle perle che gli aveva regalato.

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LO SCIAME E LA BAMBINA

Una bella favola da raccontare ai vostri bimbi, che rende vivi i valori del rispetto della natura, della condivisione nella diversità e dell’amicizia disinteressata.
Il testo è di Elisa Palagi le illustrazioni sono di Filippo Sassòli.

Chi ha paura delle api?
C’è qualcuno che si spaventa quando sente un ronzio e scopre un piccolo insetto giallo e nero nelle vicinanze. Anche perché le api non sono certo animali solitari e a volte arrivano in gruppo, creando un po’ di scompiglio.
Vivono in famiglie numerose, dette sciami, che possono comprendere anche 60.000 individui. Lo sciame abita di solito in un’arnia, dove ognuno svolge il suo compito. Ci sono i fuchi, la regina e le operaie. Queste ultime, nel corso della loro vita, puliscono l’alveare, lo scaldano o rinfrescano a seconda delle stagioni e delle necessità della famiglia, nutrono le larve, raccolgono nettare, polline, acqua e propoli, difendono l’arnia dai nemici con il loro pungiglione, che usano solo in caso di estrema necessità. Basta pensare alla loro capacità di collaborazione per trovarle affascinanti.
Anche l’aspetto colorato e allegro le rende creature davvero simpatiche. L’ape ha tre paia di zampe e un corpo suddiviso in tre parti. Il capo è triangolare, con due nere antenne che servono per captare i profumi e i rumori e due occhi sporgenti, grandi e arrotondati. L’addome, a strisce gialle e nere, termina con il pungiglione. Le zampe sono nere e ricoperte di peletti appuntiti come aghi, tra i quali si raccoglie il polline durante la ricerca di cibo sui fiori. Da sempre le api sono preziose per l’uomo, perché producono miele, cera, pappa reale e propoli. Osservarle mentre volano di fiore in fiore per fare rifornimento, o mentre lavorano l’una vicinissima all’altra nell’arnia, è un bel passatempo all’aria aperta. E se non sono disturbate, non rappresentano alcun pericolo.
Non le disturba certo una bambina neonata, nella campagna umbra, che riposa in una cesta sulla riva ombrosa del fiume Corno. I genitori sono poco lontano a lavorare nei campi e hanno sistemato al fresco la loro creatura attesa tanto a lungo. È la fine di maggio, il tempo della mietitura, il sole è alto, il grano è dorato e tutt’intorno risuonano i canti delle spigolatrici. La piccola Rita dorme beata, sul suo volto le labbra socchiuse disegnano un sorriso e la natura sembra gioire della sua bellezza perfetta. Piano piano si avvicina alla culla un piccolo sciame di api di colore chiaro, che avvolge la bimba ronzandole attorno. Qualche ape si posa delicatamente sulla sua pelle liscissima, qualcun’altra addirittura le entra un momento in bocca per farle assaggiare una goccia di miele. Rita si sveglia e sembra deliziata da questa visita. L’espressione sul suo visino è dolce e calma.
A un tratto il gioco degli insetti con la bimba in fasce viene interrotto dall’arrivo di un uomo ferito. Sopraggiunge correndo dai campi diretto a Cascia in cerca di aiuto. Si è tagliato una mano con la falce, sta perdendo molto sangue e ha bisogno di essere medicato al più presto. Sul suo cammino nota la piccola Rita e la sua insolita compagnia ronzante. Preoccupato che le api possano pungere la bambina, d’istinto agita su di loro la mano sanguinante per scacciarle. Un momento dopo, come per incanto, la sua ferita è guarita! Niente più sangue e niente più dolore. I genitori di Rita, arrivati nel frattempo alla cesta, capiscono subito di avere una figlia prodigiosa, che sarà buona, generosa e capace di grandi azioni.
La vita di santa Rita non è stata facile, ma le api le sono sempre state accanto, persino dopo la sua morte. Un giorno il Papa Urbano VII, devoto della santa e desideroso di conoscere meglio le sue piccole amiche operose, si fece inviare un’ape in una piccola urna di cristallo. La osservò, le legò intorno al corpo un sottile e lunghissimo filo di seta e la lasciò libera. L’insetto volò dritto dritto fino a Cascia, tornando da santa Rita da cui si era separato poco volentieri. Quando, ormai anziana, Rita morì, uno sciame di api scure si presentò al suo funerale per salutarla. E anche oggi, a Cascia, le api continuano ad abitare nel Monastero di clausura dove santa Rita visse per 40 anni. Al suo interno, dalla parte opposta al pozzo, si può notare un muro con dei piccoli fori. Lì dentro vive uno sciame di api murarie, di colore scuro, che in primavera escono dai buchi della parete alla ricerca di qualche fiore per poi tornare a rifugiarsi nel nido del convento di santa Rita.

NOVEMBRE di Giovanni Pascoli

Gèmmea l’aria, il sole così chiaro
che tu ricerchi gli albicocchi in fiore,
e del prunalbo l’odorino amaro
senti nel cuore…

Ma secco è il pruno, e le stecchite piante
di nere trame segnano il sereno,
e vuoto il cielo, e cavo al piè sonante
sembra il terreno.

Silenzio, intorno: solo, alle ventate,
odi lontano, da giardini ed orti,
di foglie un cader fragile. E’ l’estate
fredda, dei morti.