La merenda della tradizione: LA RUSUMADA

“Ta se giù de corda?” mi chiedeva la nonna, e subito si metteva a preparare una merenda “speciale”: La Rusumada.
La rusumada – rosumada, italianizzato in rossumata – per secoli protagonista nelle cucine lombarde è, ahinoi, da annoverare nella lista delle bevande estinte, scalzata in pochi decenni dalla concorrenza di prodotti industriali più “moderni”.
Si tratta di una alternativa lombarda allo zabaione, ma al contrario di questo non necessita di cottura. Prende il nome dal tuorlo, il rosso dell’uovo, chiamato in dialetto rüss d’oof o rüsümm. Era la colazione golosa e casalinga di una volta, preparata nei giorni in cui la zuppa di latte e pane secco non bastava più, magari perché c’era una qualche infreddatura da curare o un piccolo goloso da coccolare.
Erano tempi in cui di sicuro un goccio di vino, anche a colazione, non faceva inorridire nessuno e le mamme di una volta ben volentieri la preparavano quando i piccoli di casa avevano bisogno di una sferzata di energia o per contrastare i malanni della stagione fredda. Era buona per tutte le stagioni: corroborante in inverno, rinfrescante in estate. La sua versatilità stava proprio nella velocità di preparazione e nell’utilizzo di ingredienti disponibili tutto l’anno.

L’uovo andava sbattuto per bene affinché risultasse ben spumoso: in una epoca in cui le fruste elettriche erano ancora di là da venire, era stata inventata una macchinetta apposita e, una volta pronta, veniva servita in bicchierini forati, attraverso i quali era possibile frullarla ancora una volta prima di berla.
Alcuni vecchi manuali da cucina la riportano nella lista delle bevande, altri invece la considerano una vera e propria crema al cucchiaio. La discriminante stava nella quantità di vino o altro liquido utilizzato. La ricetta infatti presenta alcune varianti: il vino bianco in luogo di quello rosso e le versioni analcoliche con caffè, latte o acqua e limone.
Giustamente, essendo tantissime famiglie in ristrettezze economiche, nulla doveva andare sprecato e questo ogni tanto significava che veniva ‘passata’ per rusumada, una bevanda che rusumada effettivamente non era… La differenza stava tutta nell’uovo, infatti capitava che venisse usato l’albume e non il tuorlo che, non doveva, giustamente, essere buttato e quindi è chiaro che una rusumada fatta con l’albume invece che col tuorlo, il tutto innaffiato di vino, doveva avere un gusto certamente meno gradevole al palato.
Non si sa se abbia fatto la sua fortuna anche nei bar o se sia nata e morta nelle cucine domestiche.
La ricetta che qui proponiamo è la versione classica e per rispetto agli anni che porta sulle spalle, non c’è proprio nessuna scusa per non prepararla almeno una volta.

Ingredienti (per 2 persone)
2 uova fresche
2 cucchiai di zucchero
vino Marsala o altro vino rosso secco, qb
Preparazione:
Sbattere i tuorli con lo zucchero fino a che il composto risulti spumoso e lo zucchero si sciolga completamente. Montare a neve le chiare d’uovo e unirle ai tuorli mescolando dal basso verso l’alto per mantenere il tono spumoso della bevanda. Aggiungere a filo il vino. Servire subito accompagnando con biscotti di pasta frolla o pezzetti di pane.

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