LA PEGGIOR SCIENZA DEL 2011

In un periodo in cui tutti si apprestano a fare bilanci dell’anno appena trascorso, individuando il meglio in ogni campo del sapere e della vita, la rivista The Scientist si distingue tirando fuori dal cilindro i cinque momenti in cui la scienza ha dato il peggio di sé. Sono quelli in cui alcuni anche autorevoli scienziati hanno rinnegato se stessi, imbrogliando e mischiando le carte delle loro ricerche. O magari sono solo inciampati in errori banali.
In prima posizione nella top five della rivista inglese c’è Diederik Stapel, ex preside della facoltà di Scienze sociali e comportamentali dell’Università di Tilburg, nei Paesi Bassi. Il suddetto ha pubblicato, nella sua lunga carriera, innumerevoli studi affascinanti e controcorrente, alcuni dei quali apparsi anche su riviste prestigiose come Science. Dallo scorso settembre, però, Stapel non soltanto non è più preside della facoltà, ma è stato cacciato dall’università stessa e bandito dalla comunità scientifica. Lo studioso, infatti, avrebbe falsificato almeno 30, ma si sospetta forse un centinaio, dei suoi studi, fabbricandosi dati ad hoc e inventandosi intere ricerche come quella, pubblicata proprio da Science, sul fatto che un ambiente caotico favorisse stereotipi e discriminazioni.
Segue a ruota l’increscioso arresto, lo scorso novembre, di Judy Mikovits. La ricercatrice – ex direttrice del Whittermore Peterson Institute in Nevada – nel 2009 aveva annunciato in uno studio il legame tra un virus murino della leucemia e la sindrome da fatica cronica. Da allora molti laboratori hanno provato a riprodurre il suo lavoro, ma senza ottenere il medesimo risultato. L’ultima smentita al lavoro della ricercatrice è stata pubblicata su Science lo scorso settembre, subito prima del suo licenziamento. Nel lasciare il suo incarico, però, Judy Mikovits si è portata via tutti i file relativi allo studio incriminato, teoricamente di proprietà dell’Istituto. Per questo motivo lo scorso 18 novembre è stata arrestata in California, dove si era rifugiata, e ora è in attesa di processo. E Science ha definitivamente ritirato lo studio incriminato.
Il terzo protagonista è un ricercatore italiano della Boston University, il biostatistico Paolo Sebastiani. In questo caso, però, non sembra esserci cattiva fede, quanto piuttosto errore umano e cattiva qualità degli strumenti utilizzati. Lo scorso anno il ricercatore pubblicò uno studio nel quale identificava la “firma genetica della longevità” fatta di di 19 geni comuni ai centenari. La ricerca godette di un breve successo. Nel giro di pochi giorni, però, arrivarono decine di email nelle quali altri ricercatori evidenziavano un grave errore probabilmente dovuto a un difetto del chip usato per il sequenziamento dal team di Sebastiani. Gli studiosi hanno allora eliminato la fonte dell’errore sostituendo il chip e ripetendo i calcoli. Scoprendo però che la correlazione tra la sequenza genica e la longevità era molto meno significativa di quanto precedentemente stimato. Così lo scorso luglio hanno ritirato lo studio, spiegando l’errore sulle pagine di Science.
Una ricerca pubblicata alla fine del 2010 da un gruppo guidato da Felisa Wolfe-Simon dell’Arizona State University e finanziata dalla Nasa descriveva la scoperta di una nuova specie di batterio nel lago Mono, situato nel parco dello Yosemite in California. Questo microrganismo non solo sarebbe in grado di sopravvivere nonostante altissime concentrazioni di arsenico e bassissime di fosforo, ma addirittura sembrerebbe incorporare l’arsenico nel suo Dna. Un caso unico. Tuttavia, nel corso del 2011, la comunità scientifica ha espresso numerosi dubbi rispetto alla validità dello studio, mettendo i discussione in particolare la scarsa qualità delle tecniche usate e la conduzione della sperimentazione. Lo scorso maggio ben 15 ricercatori hanno pubblicato su Science otto commenti tecnici molto duri e puntuali, che tuttavia non sono bastati alla ricercatrice per convincersi a ritrattare lo studio.
La classifica si chiude con il caso di un controverso articolo sui cambiamenti climatici, pubblicato nel 2008 su Computational Statistics and Data Analysis, e sbugiardato lo scorso anno dopo che un blogger più intraprendente o solo più sveglio degli altri vi aveva trovato dentro interi passaggi copiati da altre fonti, Wikipedia compresa. L’articolo, opera dello scettico del riscaldamento globale Edward Wegman della George Mason Unversity, è stato ritirato dalla rivista lo scorso maggio.

Riferimenti: The Scientist

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