ANDAA’ DE SFRUUS…(3)

Il Cinto

Il nostro prossimo eroe, il Cinto, di cognome Valdè, è nato e vissuto a Colonno, dove il contrabbando aveva fornito per anni un reddito supplementare a una popolazione maschile abituata alla migrazione stagionale in Svizzera come operai edili. Dal canto loro, le donne di Colonno avevano sviluppato una specializzazione nella produzione di burro locale adulterato con la margarina, diffusosi a Como, Brianza e Milano. Questa tradizione clandestina locale era così forte, che Colonno sviluppò tra la sua gente un senso di “omerta” indistruttibile, come in qualsiasi territorio controllato dalla mafia.
La carriera fuorilegge del Cinto iniziò nel momento in cui fu smobilitato dall’esercito, nel settembre 1943 in seguito all’armistizio del governo Badoglio. Immediatamente andò in montagna come partigiano della 52a Brigata Garibaldi con “Novara” come suo nome di battaglia. Una delle sue prime azioni fu il sequestro di armi dalla caserma della Guardia di Finanza ad Argegno dove molti finanzieri stessi desiderarono unirsi ai partigiani. Partecipò anche all’irruzione, guidata dal capitano Ugo Ricci, alla caserma Porlezza della Divisione Navale X Mas. La sua ultima grande azione fu quella di fornire copertura di retroguardia al fallito tentativo (in cui fu ucciso Ugo Ricci) di rapire Guido Buffarini Guidi, il ministro delle Finanze nazifascista, allora residente in albergo a Lenno. Successivamente si dedicò a tempo pieno al contrabbando.
Il periodo tra il 1945 e il 1948 è stato quello in cui la fornitura di merci di contrabbando è andata in entrambe le direzioni oltre il confine svizzero. L’arrivo delle truppe americane, ben rifornite, offrì una fonte di merci che scarseggiavano disperatamente in Svizzera. Oltre ai generi alimentari, gli spalloni ora trasportavano pneumatici per biciclette e camion, tessuti per paracadute e persino preservativi. I rischi presi dagli spalloni erano considerevoli poiché gli svizzeri avevano integrato i loro normali controlli alle frontiere, con soldati reclutati dai cantoni di lingua tedesca che non esitavano a sparare a chiunque ignorasse il loro grido di “Alt”. Tuttavia nel 1948 la domanda di queste merci diminuì, le guardie di frontiera svizzere furono ritirate e gli svizzeri depenalizzarono tutto il traffico che attraversava il loro territorio verso l’Italia.
L’usanza tradizionale aveva stabilito che i gruppi di contrabbandieri viaggiassero in un unico convoglio. Il Cinto, tuttavia, sviluppò un proprio metodo particolarmente riuscito. Viaggiava con una fidata banda di otto o nove spalloni ma dividendo il gruppo in due, con lui stesso in testa insieme a due dei membri più veloci e forti della sua banda; portava una bricolla carica di soli 15 chilogrammi di merce. Gli altri membri seguivano ben lontani dal gruppo di testa. Se il gruppo di testa avesse incontrato una pattuglia di finanzieri, gli altri membri del gruppo rimanevano nascosti fino a quando la pattuglia non fosse stata trascinata via all’inseguimento. Il gruppo di testa avrebbe dovuto, nel peggiore dei casi, abbandonare solo due delle loro bricolle per aiutare la fuga. Il Cinto in linea di principio non ha mai abbandonato il proprio carico più leggero.
Il Cinto valutò anche di stringere alleanze con altri contrabbandieri, in particolare con gli spalloni di Dongo. Quelli di Dongo non ebbero bisogno di molta persuasione per comprendere i vantaggi di iniziare le loro incursioni transfrontaliere da Colonno. Un viaggio da Colonno ai negozi appena oltre il confine durava circa tre ore anziché le sei necessarie da Dongo. Il Cinto prese a collaborare anche con contrabbandieri con sede a Lezzeno, direttamente dall’altra parte del lago rispetto a Colonno. Il trasporto successivo delle sigarette e del caffè da Lezzeno al mercato principale di Milano era molto più sicuro da lì, che dalle sponde occidentali del tratto comasco del lago: subivano meno controlli da parte della Guardia di Finanza e avevano più rotte alternative per Milano.
Con l’introduzione dei suoi nuovi metodi il Cinto assunse la guida di un’impresa criminale di successo. Divenne noto come il Capitano del Lago. Aveva l’abitudine di trovarsi ogni lunedì sera, per regolare i conti e programmare le attività della settimana successiva, in un bar accanto alla stazione degli autobus a Como. Qui si davano appuntamento tutti e tre gli interlocutori, ovvero i trasportatori di Lezzeno, gli spalloni di Dongo/Colonno e i negozianti della Svizzera. Lezzeno prima avrebbe pagato a Colonno il numero di bricolle loro consegnato, Colonno avrebbe quindi pagato gli Svizzeri per quello che si erano portati via da oltre confine.

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