Un po’ di storia del clima

Abbiano alle spalle un inverno chiacchierato per un clima mite e per la mancanza di precipitazioni. I più addebitano le stravaganze del tempo all’inquinamento che ha stravolto le stagioni. Dalle memorie e dagli scritti tramandati ecco una semplificata spigolatura dell’andazzo del tempo nei secoli passati.

I mutamenti climatici del 535 d.C. sconvolsero il mondo del tempo, le civiltà sudamericane raggiungono gli altopiani, cadono le dinastie cinesi, i popoli asiatici invadono l’Occidente. La stessa decadenza dell’Impero romano è da collegarsi in gran parte al repentino cambiamento del clima di quel tempo. Nel 1134 un caldo eccessivo «abbrucciò tutte le biade e fu carestia». Memorabile fu la siccità del 1158, perché dalla fine di maggio e sino al seguente mese di aprile non venne acqua dal cielo. Nel 1162 si registrò un estate infuocata. Nel 1210 si agghiacciò il Po «in tal maniera che vi passaron i carri ben carichi». Terminò il 1215 «con un freddo così strano che passò il segno», mentre una invernata dolcissima e senza pioggia anticipò la primavera del 1266.

Il 1300 fu un secolo molto caldo che si manifestò con la diffusione delle betulle in molte zone nordiche europee e dalle nostre parti il faggio coprì ampi spazi montani, in Inghilterra si coltivava la vite e i Vichinghi colonizzarono la Groenlandia. Le cronache riferiscono che nel 1367, nelle feste di Natale, si stava con le finestre spalancate e gli alberi erano tutti in anticipata fioritura. Nel 1407-08 si registrò l’inverno più freddo degli ultimi 500 anni «s’agghiacciaron i fiumi, i mulini non poteron macinare, copiose furon le nevi e si diseccaron le viti». Nel 1420 «da febbraio a maggio non vi fu pioggia e il sole seccò i frutti». Nel 1428 si verificò una siccità di sei mesi «dall’aprile all’ottobre non venne dal cielo una goccia d’acqua e non si raccolse grano e non si vendemmiò». Nel 1475 la primavera non fu assecondata dal beneficio della pioggia, seguì una lunga siccità e un caldo eccessivo «i rivoli e li sorgenti restaron al secco e le selve furon arse dal foco». Nel 1492 papa Alessandro VI, preoccupato dalla lunga assenza di notizie sui fedeli della Groenlandia, vi inviò una spedizione e venne a sapere che tutti gli abitanti erano morti per i rigori inauditi del freddo.

Nel gennaio del 1511 «fioccò con tanta copia di neve che arrivò all’altezza di un braccio e mezzo in Com e di due braccia e mezzo al di fuori, accompagnata da tanto gelo che agghiacciarsi il vino nelle botti». Dal settembre 1539 al 6 di aprile 1540, vi fu un asciutto straordinario. Narra Benedetto Giovio «che per tal cagione si vide asciutto il fonte di Plinio». L’inverno del 1550 «fu piacevolmente caldo e somigliante ad una perpetua rimavera». Assai stravagante fu il 1562 che non vide pioggia da febbraio ad ottobre. Il 1500 si chiude con stagioni caldissime… «il cielo era di bronzo e solo verso l’inverno tornaron timide nuvole in cielo».

Il 1600 fu un secolo di modesto caldo e siccità, anche se si verificarono inverni senza nevi e primavere asciutte. Unica anomalia fu il freddo dell’inverno 1607-08, ricordato come il “grande fratello” che agghiacciò i laghi. Secondo alcuni storici fu l’inverno più freddo che si sia mai verificato in Europa. La neve cadde nel nord da gennaio a giugno. Un caldo straordinario oppresse gli uomini e animali nell’autunno del 1740. Arsura e siccità imperversarono nel 1768 causando enormi danni alle coltivazioni. Nell’inverno 1788-89 gelarono tutti i fiumi europei, la flotta imprigionatata dai ghiacci viene assalita e distrutta dagli Ussari francesi in una inedita battaglia tra cavalleria e vascelli.

Novene e processioni implorarono la pioggia per il siccitoso 1803, arrivò poi tanta acqua che causò lo straripamento dell’Adda. Dalla metà dell’estate del 1806, fino all’estate del 1807 «il secco e il forte vento furono l’incubo della gente dei campi». Nel mese di luglio del 1808 imperversarono venti freddissimi che la popolazione fu costretta a ricorrere al focolare in piena estate per riscaldarsi. Freddo record nell’inverno 1829-30 che distrusse uliveti, castagneti e vigneti. Nell’agosto del 1859, gran siccità e caldo fecero ingiallire le foglie che si deposero come nella stagione invernale. Caldissimo fu il 1860 e secco il 1868 con temperature record e letti di torrenti asciutti Tremendo il 1873 per il vento caldo che soffiò da maggio a settembre, compromessi furono i raccolti del mais e dell’uva. Al rigido inverno del 1879-80 con inverosimili nevicate, seguì la siccità della primavera-estate «che ridusse i corsi d’acqua a pigri rigagnoli e la gente faceva coda davanti ai pozzi delle corti per cavare l’acqua per gli animali».

E arriviamo al 1900, il secolo della industrializzazione e del boom economico. Secolo con clima altalenante. Uno strappo inaudito della media delle temperature si verificò nell’estate del 1928 e l’inverno successivo, si passò dal Sahara alla Siberia, dai 38 gradi di luglio, al meno 16 di dicembre. Nel 1929 in febbraio gelarono tutti i più importanti fiumi d’Europa. E che dire della bizzarria del bisesto 1932? In gennaio le primule erano fiorite e le gemme delle piante accennavano già ad aprirsi. Nel febbraio del 1956 gelarono tutti i fondali dei mari del nord Europa con copiose nevicate in tutto il continente. A Vercelli la temperatura minima toccata fu di -23, Milano -16, Firenze -11. L’inverno del 1985 fu il più rigido del secolo, a Milano caddero 90 cm. di neve, a Tarvisio il termometro segnava -30, Arezzo -20, Roma -11. Dal 1940 al 1975, la temperatura scende e riprende a salire in piena recessione economica.

Quando padre Tatti e altri ricercatori annotavano le stravaganze del clima, non erano ancora di attualità i problemi del consumismo e dei suoi derivati. Le ciminiere industriali non esistevano e le automobili non circolavano, eppure si registravano, già allora, i problemi di approvvigionamento idrico, di annate povere di neve, o di primavere estive.

Enrico Orsenigo Fino Mornasco

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