NOI PRIMA DI LORO!

«Volevamo braccia, sono arrivati uomini», sospirò più di trent’anni fa lo scrittore svizzero Max Frisch, spiegando perché troppi suoi connazionali fossero così ostili agli immigrati italiani contro cui avevano scatenato tre referendum. Ostilità antica.
Anche i nostri nonni furono portati in salvo come i neri di Rosarno. Le autorità furono costrette a organizzare dei treni speciali per sottrarli nel 1896 al pogrom razzista scatenato dai bravi cittadini di Zurigo. E altri gendarmi e altri treni avevano sottratto i nostri nonni, tre anni prima, ad Aigues Mortes, alla furia assassina dei francesi che accusavano i nostri, a stragrande maggioranza «padani», di rubare loro il lavoro.
L’abbiamo già vissuta questa storia, dall’altra parte.
Basti ricordare che secondo il Ministero del Lavoro francese «alla fine del 1948 dei 15.000 italiani presenti nel dipartimento agricolo del Gers, ben il 95% era irregolare o clandestino». Come «irregolari» sono stati almeno quattro milioni di nostri emigrati.
C’è chi dirà: erano altri tempi e andavano dove c’erano posto e lavoro per tutti!
Falso. Perfino l’immenso Canada era pieno di disoccupati e a migliaia i nostri «s’aggiravano in pieno inverno per Montréal stendendo le mani ai passanti». Tutto dimenticato, tutto rimosso. Basti leggere certi commenti, così ferocemente asettici, di questi giorni. «Chi non lavora, sciò!» Anche quelli che erano a Rosarno dopo aver perso per primi il lavoro nelle fabbriche del Nord consentendo un’elasticità altrimenti più complicata e cercano di sopravvivere in attesa della ripresa? Sciò! Anche quelli che fanno lavori che i nostri ragazzi si rifiutano di fare? Sciò! Anche quelli che lavorano in nero per un euro l’ora? Sciò!
Mai come stavolta è chiaro come l’abbinamento clandestino = spacciatore è spesso un’indecente forzatura.  Dice il rapporto Onu 2009 che chi lascia l’Africa per tentare la sorte in Occidente vede in media «un incremento pari a 15 volte nel reddito » e «una diminuzione pari a 16 volte nella mortalità infantile» dei figli. Questo è il punto. Certo, non possiamo accogliere tutti. Ma proprio per questo, davanti al dolore di tanti uomini, ci vuole misura nell’usare le parole. Anche la parola «legalità».

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