Questa storia è forse una sorta di espiazione per quei peccatucci di…eccessiva parsimonia o, come qualche diceria sostiene, addirittura taccagneria, che vengono attribuiti al popolo comasco. State dunque a sentire...
Una notte del 31 dicembre di molti e molti anni fa, l’inverno era al massimo del suo rigore. Gli uomini, con le proprie famiglie, se ne stavano nel calduccio di casa e gli animali dei boschi rintanati nei loro rifugi. Pareva che tutti attendessero la dipartita di un freddo tanto inclemente. Monti e valli erano coperti da due palmi di neve e qualche solitario passerotto intirizzito pigolava nella disperata ricerca del nido dove era atteso. Ai piedi di una collina, si intravedevano i bagliori di una casa in muratura, con la sua stalla, il suo podere e il possente camino che alitava nel cielo un bianco fumo. Abitava questa dimora un contadino benestante, solo e senza figli, intento nel suo passatempo preferito: contare i suoi denari. Come innumerevoli altre sere, egli li aveva meticolosamente disposti sul grande tavolo nel centro della casa e, si accingeva a dividerli in mucchi e mucchietti, a seconda del valore, del tipo di metallo e della dimensione.
Mentre si dedicava alla scrupolosa cernita, udì battere alcuni colpi sul massiccio legno della porta d’ingresso ma, non attendendo alcuna visita, e pensando di essersi sbagliato, proseguì nella estasiata ammirazione dei suoi averi. I colpi si fecero però più frequenti e disperati, tanto che il contadino decise di andare ad aprire. Ma prima di fare ciò, con gesto circospetto e diffidente, coprì tutte le monete disposte sul tavolo con una vecchia coperta. Aperto l’uscio di uno spiraglio, ebbe bisogno di qualche attimo per mettere a fuoco l’immagine che gli apparve davanti: quella di un vecchio dall’aria stanca, raggomitolato nei suoi pochi stracci, duramente provato dal freddo. «Buon uomo, sono un povero viandante che ha fame e freddo, volete aiutarmi con un po’ del vostro buon cuore?» disse costui. Ma il contadino, inflessibile: «No, non ho niente, andatevene» e stette per chiudere la porta quando il vecchio, tenendo premuta la sua mano sull’uscio, proseguì: «Vi prego, datemi almeno un po’ di pane, anche secco sarà per me cibo prelibato». «Non insistete – proseguì il contadino, – non ho nulla da darvi.» Fuori cominciava a tirare bufera di neve e qualche sciame di fiocchi nevosi penetrava all’interno della casa, quando il povero questuante implorò: «Fa un freddo terribile, datemi almeno un sacco per potermi coprire un poco. Questi pochi stracci non mi sono sufficienti… ». «Beh, adesso basta» gridò spazientito il contadino, ma il poveraccio avanzò la sua ultima richiesta: un bastone. «Se mi date almeno un bastone, che per voi è cosa da nulla, io potrò reggermi durante il cammino fino alla casa che vorrà darmi un poco di cristiana ospitalità.» «Non ho bastoni, non ho niente e ora mi avete stancato. Andatevene via» ringhiò il padrone di casa decidendo di chiudere definitivamente quel colloquio sulla soglia. E così dicendo, diede un tale spintone al vecchio che quasi lo fece ruzzolare; poi, riaccostato alle spalle l’uscio, girò tutto il chiavistello.
Attese qualche istante per scaricare il nervosismo accumulato durante quella imprevista visita, quindi ritornò verso il grande tavolo per rimirare i suoi amati denari. Ma sollevati i lembi e riavvolta la coperta, rimase impietrito: a posto delle monete d’oro e d’argento apparvero mucchietti di foglie secche. Il contadino non si riprese mai più da quella tremenda avventura e passò il resto della sua esistenza su e giù per le valli, di casa in casa, di famiglia in famiglia, raccontando l’accaduto. Ecco perché ancora ai nostri giorni, nelle case del Comasco, la notte di san Silvestro si usa lasciare fuori dall’uscio un pezzo di pane secco, un sacco e un bastone per qualche viandante che dovesse di lì passare…