Sono certo che se sei lombardo, hai sentito spesso l’espressione Fare San Martino, ma ne conosci l’origine?
Per scoprirla dobbiamo tuffarci nelle abitudini contadine, nella routine della vita di campagna delle cascine che un tempo popolavano la periferia di Milano… Ma senza tralasciare un po’ di sano folklore religioso.
Quando attorno a Milano l’attività principale era l’agricoltura, la vita si svolgeva nelle cascine dove i proprietari terrieri usavano dare alloggio ai braccianti e alle loro famiglie. Le corti diventavano quasi dei mini-villaggi dove c’erano donne, uomini e tanti bambini, tutti impegnati nelle attività quotidiane della vita di bassa corte.
E la vita era scandita dai cicli della campagna: uno dei momenti più attesi, e temuti, era la prima metà di novembre, quando si chiudeva definitivamente la stagione agraria, i campi venivano messi a riposo, si facevano i conti e i padroni decidevano se rinnovare i contratti dei loro dipendenti per l’anno successivo.
Quando tutto andava bene, la giornata era di festa. La fine della semina si celebrava con ricchi pasti di gruppo, balli, musica e giochi, in particolare era uso mangiare l’oca… un altro aspetto legato alla leggenda del santo.
Ma quando il contratto veniva rescisso, la famiglia del bracciante era costretta ad abbandonare la corte e a cercare un nuovo luogo di lavoro (e un nuovo alloggio). Tutti i pochi averi venivano caricati su un carretto e la famiglia partiva lasciandosi indietro i legami che si erano instaurati all’interno della cascina.
Un vero e proprio voltar pagina, un cambio radicale senza preavviso. Ed è così che il detto Fare San Martino ha assunto la connotazione di “sbaraccare”, “traslocare” “raccogliere armi e bagagli e cercare fortuna altrove”.
Ma perché si dice “Fare San Martino”? Qual è la sua etimologia?
Il detto deriva proprio dal periodo in cui ciò accadeva.
La prima metà di novembre, infatti, coincide con la famosa “estate di San Martino” quando per alcuni giorni il clima diventa talmente caldo da illuderci che sia di nuovo estate.
L’avvenimento è legato alla tradizione del santo che nel calendario cristiano si celebra proprio l’11 novembre.
Vissuto nel IV secolo d. C., San Martino di Tours è uno dei santi più amati e celebrati nelle campagne per la sua notoria generosità verso i più poveri e la sua umiltà.
La leggenda su cui si basa l’origine dell’estate di San Martino si rifà a un episodio che lo vede protagonista nel periodo in cui stava servendo nell’esercito nei pressi di Amiens. Durante un servizio di ronda, in una freddissima notte d’inverno, incontra un viandante scalzo e seminudo che gli chiede aiuto. Martino, che non aveva denaro da potergli dare, condivide con lui il suo mantello per proteggerlo dal gelo della notte.
La sera seguente lo stesso viandante gli riappare in sogno rivelandogli di essere Gesù e, per ringraziarlo del tepore offerto, lo ricambia con un periodo di caldo in pieno inverno. L’indomani mattina il tempo era assolato e caldo come d’estate nonostante fosse novembre, l’Estate di San Martino, appunto.
Non a caso il proverbio di San Martino, dice:
“L’estàà de San Martin ‘l dura tri dì e un tuchetin”
Anni dopo il suo congedo militare, nel 371, i cristiani di Tours lo nominarono vescovo, una carica che Martino non voleva accogliere e che cercò di evitare nascondendosi in un ripostiglio in mezzo a un branco di oche che però, starnazzando agitate, lo fecero scoprire.
Ecco perché spesso San Martino appare dipinto con un’oca al suo fianco. Ed ecco da dove deriva la tradizione di servire oca il giorno della sua ricorrenza.