Prima di proseguire con gli “eroi”, desidero chiarire che in quegli anni, il soprannome cimino era stato affibiato anche ad un finanziere, in servizio ad Argegno, un ragazzotto alto e arrogante al punto di farsi la fidanzata a Colonno, e di andare spesso a trovarla. In una occasione, in paese non esitò a sparare per bloccare due bricolle; una pallottola sfiorò la testa di un anziano che se ne stava seduto su uno sgabello, fuori dalla propria casa. Due sere dopo il finanziere fu trovato pesto e malconcio e i superiori pensarono, opportunamente e per evitare guai più grandi, ad un suo immediato trasferimento.
Il Ment
Il nostro secondo eroe è Clemente Malacrida nato nel 1900 e cresciuto a Pellio Intelvi. Inizialmente applicò la sua conoscenza della montagna e dei sentieri meno conosciuti oltre confine, per assistere i vari agenti segreti che volevano raggiungere Lugano. Dopo la fine della Grande Guerra prese ad integrare le sue entrate come intermediario nella vendita di bestiame, contrabbandando tabacco, cioccolato e caffè dalla Svizzera. Ben presto fu riconosciuto come capo dei contrabbandieri guadagnandosi il titolo “Il Duca dei Contrabbandieri”.
Negli anni ’30 il Ment era costantemente in fuga dalla Guardia di Finanza, dalla Polizia Forestale e dai Carabinieri. Il suo status eroico fu assicurato quando, il 10 agosto 1933, mentre partecipava alla festa locale di San Lorenzo in una grande scampagnata al Rifugio Venini sul Monte Galbiga, aiutò il suo amico di sempre, il Gal, a fuggire da una trappola tesa dai Carabinieri. Insieme fuggirono discendendo la Val Perlana fino al Monastero di San Benedetto.
Ha guadagnato fama nazionale l’inverno successivo quando ha guidato un enorme convoglio di cento contrabbandieri che portavano caffè attraverso le montagne innevate. Il maltempo aveva causato una prolungata interruzione delle traversate regolari poiché le tracce nella neve rendevano facile l’individuazione da parte dei finanzieri. La situazione era diventata critica, con gli investitori irrequieti nel vedere l’accumularsi di merci in attesa di ritiro nei negozi appena oltre il confine svizzero. Si decise di organizzare una spedizione di massa degli spalloni e l’unica persona a cui poteva essere affidata la guida era il Ment coadiuvato dall’amico il Gal. Tuttavia in questa occasione il Ment fu tradito da uno degli spalloni che parlava troppo. La colonna fu intercettata alla Cima di Bove lungo la Val Mara che porta a Lanzo Intelvi. L’episodio è notoriamente rappresentato sulla prima pagina della “Domenica del Corriere” che, sotto il titolo “2 contro 100”, sosteneva che la colonna fosse stata fermata da una semplice coppia di finanzieri, sebbene in realtà fossero stati intercettati da almeno cinque pattuglie. Novantasette bricolle piene di caffè dovettero essere abbandonate per consentire a tutti gli spalloni, tranne uno, di sfuggire alla cattura. Per Ment, la pubblicità gli assicurò di diventare un simbolo eroico di sovversione. Furono raddoppiati gli sforzi per arrivare al suo arresto.
Un anno e un mese dopo, lui e Gal furono catturati il giorno dell’Epifania del 1935 dai Carabinieri di Castiglione Intelvi a Blessagno. Furono processati un mese dopo ed ad entrambi furono inflitte lunghe pene detentive. Ment riuscì comunque a evadere di prigione nell’estate del 1936, ma fu rapidamente nuovamente arrestato, picchiato e lasciato morire per le ferite provocate dalle botte ricevute, pochi giorni dopo essere tornato in prigione, nel carcere di Pozzuoli. Gal scontò la pena e uscito dal carcere nel 1943, tornò subito in montagna come partigiano impugnando le armi contro il regime nazifascista.
Senza la fuga anche Ment avrebbe potuto evitare la morte, ma la sua determinazione a evitare l’arresto durante la sua carriera, è nata da uno spirito ribelle. Il suo rifiuto di scendere a compromessi con l’autorità sembrava esemplificare lo spirito indipendente della Val D’Intelvi e il suo esempio ha continuato a ispirare le future generazioni di spalloni.