IL POGGIO CARDINA e “GLI ATTACCHI”

Con Brunate e col Baradello è uno dei colli più famigliari che attorniano la nostra Como, anzi, ancorché poco frequentato, diremo ch’è uno dei più sottomano, dei più vicini a noi, quello verso cui par incamminata più volentieri la marcia delle nostre case, nel rapido espandersi della città. Tuttavia se è molto signorilmente popolato alla base, nella cima è ancora abbastanza puro e vergine e, grazie a Dio, quasi ignorato dalle turbe domenicali… La stradetta che da Monteolimpino s’arrampica su su fino al paese di Cardina ebbi occasione di percorrerla sovente in altri tempi, dopo il 1910, anno della morte di Carlo Dossi, scrittore e ministro plenipotenziario. Da allora più volte io mi recai a far visita alla famiglia dello scrittore, nella sua bella villa del Dosso, frequentata allora dal genio tumultuoso e demoniaco di Giampietro Lucini.

Per un buon tratto, dopo aver toccato lo storico Castello di Carnasino, la stradetta sale a ripide svolte lungo il versante meridionale del poggio, poi pianeggia un poco scorrendo in mezzo a prati e grani verso il paese, quasi per dar agio al viandante di godersi la vista di Como che da quell’altura si scopre in tutta la sua figura frontale, dominata dell’avventuroso scenario dei colli che le si dispiegano alle spalle. Dopo la portineria di Casa Dossi la strada passa davanti a Villa Splinder, dove un’epigrafe infissa nel muro di cinta ci dice che E. Splinder, Sottotenente del 156° Regg. Fanteria è morto per la patria italiana il 18 agosto 1915, nelle trincee del Carso. E infine vi depone all’ingresso della piccola frazione di Cardina. Siamo, non si scherza, a 415 metri sul livello del mare.

Villa Spindler

Le case son poche ma il paese e i suoi contorni hanno già quasi un carattere alpestre. In giro si vedono spuntar su, quasi a curiosare, le cime dei monti più lontani, vestiti d’azzurro pallido. Siamo sul poggio, siamo nella sua verde cerchia di frescura e di verde, di grani e di boschi, di silenzi e di nuvole…

Villa Sassi, rosea tra il verde, domina da un lato della piazzetta la frazione ch’è composta di poche case coloniche e di una straducola che vi gira per mezzo. Sull’architrave del portone di una di esse è infissa una curiosa targa di marmo sulla quale sta scritto: Bene Incaminata Sij, 1546, e, al di sopra, c’è un piccolo stemma raffigurante una casetta con tre finestre. Ma non sembra molto antica ed ha un bel cortile nel quale superbamente verdeggia un fico, con bell’effetto, contro una vecchia muraglia grigia.

Chiesetta Assunta

Più in là, in un altro cortile d’una di queste case coloniche, abbiamo fatto la conoscenza con due magnifici gatti, poi, sotto una vasta tettoia, buttati là alla rinfusa, con basti e gioghi appesi alle polverose travature del sottotetto e con un paio di carrettelle giubilate, di quelle che usavano un tempo quando da Cardina a Como si andava ancora col cavallo, a portar la verdura, ma che ora più nessuno le vorrebbe neanche per ferro rotto.

Vecchie carrettelle e calessi di campagna voi mi troverete sempre disposto a commuovermi sulla vostra sorte infelice, specie quando ve ne state là con le vostre stanghe all’aria, ormai buoni a niente, in un canto di questi cortilacci lombardi. E mi torna a mente il tempo in cui, regine dei lunghi cammini, correvate allegre le strade non ancora asfaltate di Lombardia, al trotto di qualche baio dalla coda prolissa o di una grigia chinea che perdeva volontieri il suo pelo nella corsa, e mandavate un curioso odore che mi feriva piacevolmente le nari: un odore di cuoio ammollato e di sudor cavallino; l’odore dei miei primi entusiasmi per la vita all’aria aperta, l’odore dei nostri viaggi d’allora, il profumo delle prime avventure, delle libere scorrerie… Quantunque più tardi, permettetemi la digressione, un tal profumo venisse sostituito col profumo ben più terribile e dolce delle prime gomme pneumatiche e della para che tramandavano le biciclette nuove nelle botteghe dei ciclisti: e non si potevano comperare perché non s’aveva soldi e ci si accontentava di andarle, così, ad annusare. Era allora il tempo, al principio del secolo, in cui, come scrive un romanziere francese, la bottiglia di seltz cominciava ad allietare col suo delizioso getto tutto il mondo occidentale. Io dirò che il profumo della bicicletta attraversò tutta la mia giovinezza come Massine attraversa la scena, quale palla di fuoco, nell’Oiseau de Feu di Strawinsky… Ma poi è venuto l’odor della benzina e della nitrocellulosa, ed ogni felicità fu perduta. Questi poveri attacchi non si osa buttarli al fuoco e d’altra parte chi mai vuol acquistarli? È certo che la loro sorte è segnata. Sorpresi dall’avvento dell’automobile nel buono della loro carriera, han dovuto eclissarsi di colpo. È triste dover andarsene così nel buono della vita, colpiti a tradimento da una coltellata nella schiena! Ricordo una pagina di Selma Lagerlóf in cui è descritta un’adunata di vecchie poderose carrozze e calessine nel cortile di una fattoria nella vecchia Svezia. È una pagina bellissima. Ella ha dato un’anima commovente a quelle antiche forme della vita campagnola. Chi ha vissuto nella prima decade del secolo sa quanto fosse gustoso volare rasoterra al trotto rapido di un purosangue e reggergli le redini sulla groppa sudata; e farsi ammirare dalla gente del paese, passando, frusta in mano, redini tese, fiore all’occhiello, schiocco sulle labbra e caldano sulle ventiquattro!

da “Passeggiate Lariane” di Carlo Linati – 1939 –

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