In merito alla nuova realtà che sta nascendo desidero proporvi due riflessioni, una del nuovo Parroco e l’altra di un Laico, pubblicate nel giugno scorso sul periodico della Parrocchia di Sagnino “Il Colloquio n. 184”
ALLARGARE I CONFINI PER ALLARGARE I CUORI
La nuova comunità pastorale: pericolo o risorsa?
Lo scorso 25-26 maggio abbiamo dato annuncio telegrafico e sintetico, durante le SS. Messe, della costituzione della nuova comunità pastorale con queste parole:
Si costituisce la comunità pastorale delle parrocchie di Monte Olimpino, Sagnino, Ponte Chiasso. Il coordinatore sarà don Emanuele Corti. Don Emanuele Corti già parroco di Sagnino, è nominato parroco anche di Monteolimpino. Don Fabio Melucci è nominato vicario della comunità pastorale. Don Giorgio Molteni è nominato collaboratore della comunità pastorale. Don Marco Germagnoli è nominato collaboratore della comunità pastorale. Don Angelo Pavesi già parroco di Ponte Chiasso, è nominato anche collaboratore della comunità pastorale.
Per quanto riguarda la residenza dei sacerdoti: don Emanuele e don Giorgio abiteranno presso la casa parrocchiale di Monte Olimpino, don Fabio e don Marco abiteranno presso la casa parrocchiale di Sagnino, don Angelo abiterà presso la casa parrocchiale di Ponte Chiasso.
Provo ora a dare qualche spiegazione in più, attraverso le pagine del nostro Colloquio, dopo aver già proposto anche un tempo di confronto in Assemblea parrocchiale lo scorso 9 giugno. Una comunità pastorale è il tentativo di dare una NUOVA risposta pastorale al mutato contesto sociale e religioso, dove gli stretti confini parrocchiali non rispondono più alle esigenze di vita e allo spostamento delle persone; dove è finito il tempo della parrocchia autosufficiente. Come a dire: non è più come 20, 30 o 50 anni fa… qualcosa è cambiato nel legame sociale fra le persone e anche nel loro senso di appartenenza; qualcosa è cambiato nella frequentazione alla vita delle comunità parrocchiali; qualcosa è cambiato nelle famiglie; qualcosa è cambiato nel numero di preti disponibili… tutto questo “qualcosa che cambia” (e ho fatto solo alcuni esempi), comporta anche dei cambiamenti nelle proposte pastorali, nel rapporto fra parrocchie, nella condivisione delle risorse (spazi e persone… persino i preti!).
Quindi ora le nostre tre parrocchie di Monte Olimpino, Ponte Chiasso e Sagnino sono invitate a pensarsi in modo più ampio, non più ognuna per conto suo. Siamo chiamati ad uscire da una sorta di individualismo pastorale (ognuno pensa alla sua parrocchia), per provare ad allargare i confini per allargare i cuori. Capiamo che si realizzano anche per noi le parole di Papa Francesco, che nell’Evangelii Gaudium diceva: «La pastorale in chiave missionaria esige di abbandonare il comodo criterio pastorale del “si è fatto sempre così”. Invito tutti ad essere audaci e creativi in questo compito di ripensare gli obiettivi, le strutture, lo stile e i metodi evangelizzatori delle proprie comunità» (EG, 33). Quella della comunità pastorale, dunque, è una chiamata missionaria e non una “riorganizzazione aziendale”. La Scrittura ci insegna che di fronte alle chiamate si resta sempre perplessi, si è abitati dalle paure e dalle resistenze, si è tentati di rifiutare. Sempre la Scrittura ci istruisce, però, che ogni chiamata è un’occasione nuova per imparare a fidarsi di Dio e a riconoscere che Lui guida la Chiesa, che Lui abita la storia.
Diversamente da altri inizi di comunità pastorale (saremo la 90a che nasce in Diocesi!) non abbiamo di fronte, come in altre occasioni, un cambio generale dei preti. Quattro su cinque sono già presenti. Ne arriverà un quinto. I compiti sono descritti nel comunicato. Ma solo con il tempo e la pazienza di provare a crescere insieme riusciremo a stupirci di questa risorsa e a scongiurare ogni pericolo. Per quanto concerne la mia personale abitazione a Monte Olimpino, tanto chiacchierata, mi è parsa un’attenzione doverosa nei confronti di questa comunità sorella che già due anni fa ha dovuto fare a meno del vicario e ora vede andar via anche il parroco. Ci conosciamo, dopo 4 anni… e forse è meno difficile convincere voi di una mia presenza e attenzione nonostante lo spostamento della casa, che non convincere la comunità di Monteolimpino di una presenza e attenzione nonostante fossi a Sagnino. Inoltre credo fermamente che non posso chiedere a nessuno lo sforzo di rinnovarsi e cambiare, se il primo disponibile a farlo non sono io stesso. Non sarà diverso per nessuno degli altri confratelli, che pur abitando in una parrocchia sono a totale servizio dell’intera comunità pastorale. lo, come parroco, continuerò ad avere un punto di appoggio e riferimento nella casa parrocchiale di Sagnino: lo studio. Alcuni vedono tutto come oscuro e pericoloso. Mi verrebbe da ricordare le parole di S. Giovanni XXIII all’inizio del Concilio Vaticano II: “A Noi sembra di dover risolutamente dissentire da codesti profeti di sventura, che annunziano sempre il peggio, quasi incombesse la fine del mondo” (11/10/1962).
don Emanuele
NUOVA COMUNITÀ PASTORALE: RIFLESSIONI DI UN LAICO
Corre veloce questa comunità, sembra ieri la comunicazione al Consiglio Pastorale Parrocchiale dello scorso dicembre ed ecco l’ufficialità con l’avviso del 26 maggio: “Si costituisce la Comunità pastorale delle parrocchie di Monte Olimpino, Sagnino, Ponte Chiasso.” In questi giorni ho avuto modo di confrontarmi con molti parrocchiani su questa novità, nelle chiaccherate informali e nelle sedi più istituzionali e un po’ mi diverte riconoscere le differenti tipiche figure che emergono in un processo di cambiamento, tra cui gli immancabili disfattisti e quelli pronti a lanciarsi a capofitto nella nuova avventura.
Come al solito c’è sempre una via di mezzo ma se dovessi scegliere mi colloco tra questi ultimi per tre ragioni. Il primo per i sacerdoti, credo siano loro il primo fattore di successo di una Parrocchia o di una Comunità e il fatto di avere quattro sacerdoti (e che sacerdoti) su cinque presenti già nel nostro territorio siano di per sé una garanzia. Il secondo perché questo cambiamento non mira a distruggere per ricostruire, ma per costruire qualcosa di più grande in maniera diversa sulle fondamenta di quanto già presente e sull’esperienza delle singole parrocchie (leggasi anche tradizioni). Il terzo perché il successo di questa esperienza passa dalle nostre mani, siamo noi che possiamo vincere o perdere. Possiamo decidere di non giocare la partita e accontentarci di dire “sapevo che sarebbe andata così!” oppure metterci tutto il nostro entusiasmo e la nostra voglia di costruire qualcosa di grande, rompendo i muri invisibili che circondano il nostro quartiere, pensando un po’ più al futuro e al mondo in cui si vivranno i figli dei nostri figli piuttosto che nei ricordi di quello che era, evitando di sentirci una comunità arrivata (grosso pericolo!) ma sprigionando il dinamismo e la passione che riconosciamo nel nostro DNA. Certo il cambiamento contiene incertezza che porta qualche paura, ma “L’incertezza è la condizione perfetta per incitare l’uomo a scoprire le proprie possibilità.” (Erich Fromm) lo ci sto e tu?
Marco Marini