MEMORIE LARIANE di Renzo Romano

Sessant’anni fa.
Io c’ero, Ponte Chiasso e dintorni erano i luoghi del mio vivere. Pallide tracce di quei tempi oggi si intravedono appena, invece immutati li ritrovo se mi affido agli occhi e ai profumi della memoria.

I palazzi della dogana.

Vi abitavano gli ispettori, i funzionari con le loro famiglie e i figli. Gerardo, la sua bella sorella Teresa che, ahimé, puntualmentela mamma faceva sparire quando andavamo a giocare a casa sua. Peppino aveva una favolosa collezione di soldatini di piombo e una bicicletta con il cambio e la luce dello stop che si accendeva a ogni frenata. Giusto era rosso di capelli, il papà aveva una rivendita di vini. Luigino, un padre severo e una madre troppo apprensiva. Francesco, di qualche anno più grande, aveva un solaio pieno di giornalini a fumetti che mi dava generosamente in cambio dei vecchi “Grand Hotel” che mia madre comperava ogni settimana. E poi Elena e Gemma. Con la mamma e il papà ispettore vennero ad abitare sopra la dogana con grande soddisfazione mia e dei miei amici. Erano i tempi delle prime pulsioni ormonali, Gemma era carina, Elena era una ragazza bella davvero. Ma dopo pochi mesi, con grande dispiacere di noi maschietti, tutti “cotti” della bella Elena, vedemmo comparire affacciato sul terrazzo Michelino, unico figlio del nuovo ispettore con una mamma professoressa di latino per di più severissima… Decisamente non fu un cambio fortunato. Contente invece Liliana, Roberta, Rosanna, Paolina, amiche da sempre, che con la partenza di Elena ritornarono al centro dei nostri primi pruriti adolescenziali.

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