A Monte Olimpino, sono venuto ad abitare giovane, giovane, quando appena avevo iniziato la mia vita universitaria. Solo da qualche anno si era festeggiato l’inizio del nuovo secolo con solenni funzioni di mezzanotte in Duomo e copiose rumorose cene inaffiate da abbondante generoso vino.
Da Monte Olimpino passavo anche prima assai spesso alla domenica per la consueta passeggiata a Chiasso, dove tutti i Comaschi si riversavano ad acquistare zucchero, caffè, cioccolata e tabacco, a bere abbondante birra, a ballare al Crotto della Giovannina e al Bagnetta, dove si davano convegno tutte le camerierine ed i giovanotti della città. Allora naturalmente non si parlava nè di tessere di frontiera, nè di passaporti: tutti transitavano liberamente ed il controllo doganale era di manica larga.
Poche case a Monte Olimpino, poche a Ponte Chiasso, la corriera a cavalli di Sioli, con due corse al giorno, una al mattino, l’altra al pomeriggio, portava in città i non molto numerosi passeggeri. A Como luogo di partenza i Tre Re, alla Vignascia fermata obbligatoria all’ombra di un frondoso platano per dar fiato ai cavalli. Ma già si parlava di una tramvia che avrebbe dovuto congiungere la città con Chiasso e che di fatto venne inaugurata nel luglio del 1906.
Da pochi anni erano state costruite le scuole, che prima avevano sede nella vecchia chiesa poi sconsacrata nel 1864 quando fu eretta l’attuale, ma non ancora era stata costruita la sede della Società Operaia, nè l’Istituto dei Sordomuti, e neppure la casa che poi doveva ospitare la Cooperativa di Consumo, diretta e portata in floridissime condizioni da un uomo modesto, integerrimo e buon repubblicano, il compianto Ortensi. Lungo l’attuale via Bellinzona solo poche vecchie case, e davanti alla chiesa un enorme cumulo di pietre, ricavate dalla costruzione della galleria ferroviaria, che era stata aperta nel 1881, allorquando venne traforato il Gottardo ed unita l’Italia alla Svizzera ed alla Germania attraverso quell’importantissimo valico.
Ma il Castel Carnasino già da tempo immemorabile dominava Como, ed il Castello di Quarcino, Chiasso, e da qualche anno Alberto Pisani Dossi, distinto diplomatico e celebre scrittore della Scapigliatura milanese, aveva eretto a Cardina quella magnifica villa, che ancor oggi ammiriamo, dove egli doveva trascorrere nell’infermità gli ultimi anni della sua vita operosa. Nessuna villa ancora era stati costruita sul colle di Monte Olimpino, se si eccettui quella attualmente De Mas, conosciuta in tutta la città per il suo tetto in lamiera. Alcuni anni dopo a cura della Società Cooperativa Edificatrice, proprio alla svolta di Roncate, sul pendio che scende verso la Valeria, doveva sorgere un enorme fabbricato di abitazioni popolari che per la sua architettura e per la sua mole deturpava tutto il colle. Ebbe vita assai breve: durante la grande guerra fu abbattuto, rifacendosi della spesa di costruzione colla vendita del materiale ricuperato, e del terreno, assai cresciuti di prezzo. Alla Villa Scalini, ora Frigerio, ed alla Villa Croce eretta nel 1914, doveva poi seguire tutto quel complesso di costruzioni edilizie che ora ammiriamo, e che fanno il poggio di Monte Olimpino tanto bello ed ameno. Castel Carnasino al principio del secolo era proprietà dei Conti Coopmans de Joldi, famiglia di principesca ospitalità, che apriva le proprie sale a feste e ricevimenti ed era larga dispensiera delle sue cospicue ricchezze anche in opere di bene.
Nella villa, attualmente Bergomi, veniva a trascorrere l’estate l’avv. Sampietro, un pezzo grosso del partito cattolico milanese, di cui invidiavo il tiro a due che giornalmente lo portava il mattino alla Stazione di S. Giovanni e lo riportava in villa alla sera.
Quarcino era possedimento dei Conti Reina, una nobile famiglia che ha dato a Como uomini di non comune valore nel campo delle scienze e della politica. Tutti a Monte Olimpino ricordano l’avv. Luigi Reina, che per molti anni ricoprì cariche importantissime e fu sindaco di parte democratica. A Monte Olimpino era particolarmente affezionato: presidente della Soc. Operaia, promosse la costruzione della bella sede attuale, che fu progettata e diretta dal fratello ing. Carlo. Meno noto a Monte Olimpino, dove trascorreva le vacanze estive, il prof. Vincenzo Reina, insegnante di geodisia all’Università di Roma, il cui valore e la cui fama erano pari alla bontà ed alla modestia.
Nel roccolo di Quarcino ci riunivamo, nelle sere del tardo ottobre, contadini ed amici a mangiar caldarroste inaffiate dal vinello del luogo che si attingeva con boccali di terracotta direttamente da una ricolma brenta.
La sede della Soc. Operaia doveva dare ospitalità alla Filarmonica che fin da allora e per oltre un quarto di secolo fu presieduta dall’avv. Coopmans, tuttora vegeto e sano ed al quale inviamo i nostri auguri di ancora lunghi anni di vita. Direttore era un valente maestro, il Mercandalli, che aveva saputo acquistarle larga fama e numerosi allori nei concorsi bandistici. La stessa sede dava pure ospitalità a tutte le iniziative culturali e sportive dell’epoca, perchè anche allora si faceva dello sport e parecchio si operava per la cultura del popolo. Risale infatti al 1908 l’apertura delle Scuole serali e festive destinate a completare l’istruzione dei figli dei nostri lavoratori che allora, a Monte Olimpino, si fermava alla quarta classe elementare. A capo di tutte le manifestazioni locali, per spirito di iniziativa e per attività, ricordo il Battista Moretti, da tanti anni scomparso, e il buono e tanto caro Luigi Molteni, padre dell’Edoardo, che fin d’allora, se la memoria non mi falla, era un appassionato suonatore di ottavino, fecondo oratore e poeta meneghino.
La chiesa non ancora aveva quel bel concerto di campane di cui solo più tardi fu provvista e che la guerra ci ha portato via. Don Antonio Fasoli ne era parroco, era vicario quella figura caratteristica e popolare di don Vittorio Baj, che solo pochi anni fa moriva carico d’anni, ma vegeto ed arzillo sino agli ultimi suoi giorni. Già allora si parlava di ampliare la chiesa, già allora don Antonio tutte le domeniche dal pulpito sermoneggiava in tono assai risentito contro la poca modestia delle ragazze, che amoreggiavano nascoste dietro i muri e le siepi ed in ore serotine. (O ragazze che mi leggete, non fate cenno alle vostre nonne che mi taccerebbero di sfacciato bugiardo).
Proprio all’inizio del secolo era sorta la Fabbrica di Cemento Montandon, che per venticinque anni doveva dare lavoro e pane a tante famiglie di Monte Olimpino. Capo di quella floridissima fabbrica era lo svizzero Leone Montandon, uomo di rara ed illuminata bontà, che molto ha fatto ed ancor più avrebbe fatto per Monte Olimpino, se troppo presto non fosse mancato. Precorse i tempi in molte iniziative, nè posso tacere fra le altre l’assunzione di una assistente visitatrice per le famiglie dei suoi operai, iniziativa che doveva avere trent’anni dopo tanti benefici sviluppi.
Altre industrie non v’erano, ma fioriva, come ha sempre fiorito fra noi, il contrabbando. Brogeda era allora famosa: bricolle di tabacco e di caffè passavano ogni giorno il confine, mentre donne e ragazzi facevano il piccolo commercio rifornendo poi di coloniali tutte le drogherie di Como e specialmente quelle di Borgovico. A Monte Olimpino e a Ponte Chiasso non c’era nè macellaio, nè salumiere, e tantomeno tabaccaio e droghiere; di questi ultimi non se ne sentiva affatto il bisogno rifornendosi tutti in Chiasso. Mancava l’acqua, e non si parlava nè di gas e tanto meno di luce elettrica: la illuminazione pubblica si effettuava a mezzo scarsi lampioni ad olio, accesi alla sera da un incaricato che si portava in giro la scala da una parte ed un recipiente per l’olio dall’altra; riempiva ed accendeva le lampade, che al primo soffio di vento si spegnevano.
Già fin d’allora la popolazione era nella sua grande maggioranza ‘rossa’, ma senza faziosità e senz’astio. Alle sagre religiose tutti partecipavano: falò e luminarie alla festa del paese, ma falò e fuochi d’artificio anche il 20 settembre; carri mascherati e balera a carnevale. Poca popolazione e tutta indigena, che costituiva una grande e sola famiglia, con tutti i pettegolezzi degli ambienti piccoli, ma anche con tutta la bontà e la solidarietà nella gioia e nel dolore che dà la vita trascorsa vicino.
A voi, giovani nati dopo l’altra guerra, la descrizione da me fatta di Monte Olimpino al principio dei secolo sembrerà quasi irreale e come di un tempo lontano, lontano. La stessa sensazione provavo io, quando mio padre mi raccontava di Como prima del 1870 e proveranno i vostri figli quando racconterete loro ciò che avete visto in questi anni fortunosi.
Avv. AMILCARE CASNATI
(scansione ed elaborazione da L’OLIMPO del 14 ottobre 1945 a cura di Franco Romanò)
-L’Avv. Amilcare Casnati è nato il 28 dicembre 1884; ancora giovanissimo venne ad abitare nella casa di famiglia che ancora possiamo vedere a Soldo. Oltre che avvocato e procuratore del Foro di Como, è stato per un periodo (intorno agli anni ‘40) Segretario Generale della Amministrazione Provinciale, ed anche sindaco nel Consiglio di Amministrazione della Banca Popolare di Como.
Molto attivo anche nel mondo associativo è stato cassiere, poi segretario ed infine vicepresidente della Società Filarmonica di M.O.; vice presidente della Società Storica Comense, presidente della Società Dante Alighieri di Chiasso e membro del Consiglio Direttivo del Consorzio delle Scuole Popolari Serali e Festive.
E’ morto a Monte Olimpino il 21 ottobre 1950.-