L’uomo produce rifiuti anche fuori dal suo pianeta: fin dalle prime esplorazioni spaziali degli anni Cinquanta, lo spazio si è riempito di satelliti, navicelle, parti di razzi. Si è calcolato che questa spazzatura galattica sia composta da almeno 16mila oggetti obsoleti.
Generalmente i pezzi più piccoli che precipitano verso la terra non superano l’atmosfera e si disintegrano. Per i pezzi più grandi, invece, come nel caso dei frammenti dei satelliti Rosat (2.426 kg) e Uars (7 tonnellate di frammenti con un pezzo da 150 kg), il pericolo di una pioggia di detriti sulla terra è reale. Inoltre, questi oggetti alla deriva, rischiano di collidere con i satelliti attivi e funzionanti.
Ora si corre ai ripari: la notizia è dello scorso febbraio. Il Politecnico di Losanna sta realizzando un satellite in grado di ripulire l’orbita del pianeta dai detriti provenienti dai pezzi dei satelliti dismessi.
Una volta individuato il «rifiuto spaziale», il piccolo satellite (misura 30 x 10 x 20 cm) si allineerà alla sua traiettoria e grazie ai suoi tentacoli si aggancerà per poi fargli cambiare orbita, indirizzandolo verso l’atmosfera terrestre dove si distruggerebbe.
La difficoltà sta nel prendere oggetti che si muovono alla velocità di 28mila km/h. Il progetto, denominato Clean Space One, costa oltre 10 milioni di franchi svizzeri e sarà operativo dal 2016.
Mirko Stoppa