LA FILARMONICA DI MONTE OLIMPINO dal 1990 in poi…


I primi cento anni di vita della Società Filarmonica di Monte Olimpino sono brillantemente raccontati nel libro del sig. Primo Porta pubblicato nel 1991.

Ho cercato di radunare i fatti salienti che hanno riguardato la nostra Banda negli anni a seguire.

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CIAO PIER…

Nella giornata del 1° giugno 2022, si è spento a causa di un malore, che lo ha colpito nella sua casa in via Bellinzona, dove era nato e cresciuto, Pierfrancesco Ragni. Classe 1953, finite le scuole medie iniziò subito a lavorare all’allora cinema Ariston in via Brogeda a Ponte Chiasso; solo qualche anno perché poi fu assunto dalla nota azienda di vernici, Lechler, dove ha lavorato per quarant’anni.
Le sue passioni però erano certamente due: la musica e il collezionismo; suonava infatti il ‘bombardino’ da sempre. Andava fiero del suo strumento e lo custodiva gelosamente, lo ha suonato nella Filarmonica di Monte Olimpino per decenni. Si allontanò dal suo amore per la musica solo per accudire la sua mamma, ma negli ultimi anni si avvicinò nuovamente alla sua banda per portare i suoi insegnamenti ai più giovani. Un’altra passione era quella del modellismo e del collezionismo, aveva molti oggetti antichi in casa e amava costruire modellini di imbarcazioni.

Una persona dolce, un volto noto del quartiere di Monte Olimpino, dal quale non si era mai allontanato, che mancherà a tutti.

BATTAGLIE DI CONFINE…

Primi anni Cinquanta. Settant’anni fa, eppure sembra ieri. Nessun rimpianto, commozione sì, tanta. Di allora, nitide le immagini, immutati sensazioni e sentimenti. Le giornate, da adolescenti, sono piene, intense, interminabili, ma troppo brevi. Si gioca alla guerra, si scontrano le bande, ognuna con un capo. Il mio capobanda è il Peppo. Un duro, tosto anche a scuola, ha ripetuto la terza e adesso fa la quinta per la seconda volta.
Le nostre armi sono archi costruiti con rami di nocciolo, un legno particolarmente resistente ed elastico, che troviamo sulla Maiocca. Le frecce sono invece rami più sottili, sempre di nocciolo, oppure stecche di ombrello. Ognuno ha un tirasassi, una fionda. In questo caso il legno deve essere durissimo, il noce o il rubino sono ideali, l’elastico si deve poter estendere, senza tuttavia perdere forza e potenza. In tasca tutti i ragazzi hanno un “coltellino” assolutamente necessario per costruirsi arco, fionda, ed eventualmente spade di legno…
Ogni quartiere ha la sua banda con le sue regole, la sua lingua, il suo capo. Noi della piazza davanti alla dogana parliamo in italiano. Quelli di Sagnino si esprimono solo in dialetto. Sono temutissimi, quando scendono dalla collina a frotte incutono paura. Anche quelli di Chiasso hanno la loro banda, ma non partecipano mai alle guerre, preferiscono stare in pace, anche perché non potrebbero attraversare la dogana “armati” di archi e fionde… Il loro idioma è il ticinese, un dialetto meneghino bistrattato, raffreddato, indurito, ostile. Teatri di guerra sono le colline della Maiocca e di Quarcino, i boschi dalle parti del lavatoio, i dintorni dei magazzini Albarelli dove si fabbrica il ghiaccio, la “cavetta”, una discarica a cielo aperto appena dietro il cimitero di Monte Olimpino. Quando scoppia la pace, deposti tirasassi, archi e frecce, Ponte Chiasso diventa una bisca a cielo aperto in cui ci si scambiano, si perdono e si vincono figurine, biglie, francobolli, giornalini.

In via Vela c’è un bar, il “Fagiano Azzurro”, con un biliardino e un “calcio balilla”. Non è simpatico il padrone, perché ci controlla, non si fida di noi. Le nostre partite a calcio balilla sono lunghissime, e questo lo insospettisce. In realtà ha ben ragione perché un fazzoletto appositamente piazzato dentro le porte impedisce alle palline di scendere e prolunga all’infinito il tempo delle partite. Di fronte al “Fagiano Azzurro” un negozio di tessuti, più avanti la Posta e una rivendita di vini. Un ampio porticato, dove si può giocare quando piove, poi la via si riduce a un viottolo alla cui sinistra scorre la rete di confine con la Svizzera. Tra via Vela e la rete un campo pieno di sassi, il luogo preferito di strenue battaglie agli indiani con archi e frecce, e poco oltre un prato spelacchiato che si trasforma in un campo di calcio fino a quando non arriva qualche finanziere a cacciarci via perché “vicini alla rete non si può stare”.
Un giorno, allontanati in malo modo nel bel mezzo di una combattutissima partita, ci siamo nascosti tra i sassi e abbiamo assistito a un vero e proprio bombardamento di pacchetti di “bionde” (sigarette) da una parte all’altra della rete, dalla Svizzera verso l’Italia. Evidentemente la nostra presenza avrebbe disturbato il contrabbando volante.
In fondo a via Vela il lavatoio con un’acqua freschissima, appena prima del ruscello che corre verso la Svizzera. Un ponticello traballante di legno, oltre il quale lungo una strada sterrata si arriva in via Brogeda. Accanto al lavatoio, davanti al ponticello, uno spiazzo con un grande mucchio di terra finissima. È come essere al mare, in spiaggia. Siamo bravissimi a costruire percorsi di sabbia con tanto di salite, discese, ponti, che di volta in volta prendono nomi importanti: Giro d’Italia, Tour de France, Milano-Sanremo, Campionato del Mondo, Giro di Lombardia, Parigi-Roubaix…Le biglie di vetro hanno il nome dei più grandi campioni e di onesti gregari, il colore è quello delle loro marche. Il campionissimo Fausto Coppi veste bianco-celeste come il suo fido Ettore Milano, Ginettaccio Bartali ha la maglia gialla mentre il fedele Giovanni Corrieri è nel classico verde oliva della Legnano, il belga Rik Van Steenbergen, re delle volate, ne ha una iridata da campione del mondo, poi Stan Ockers, indomito, l’elegante Jean Bobet, il piccolo Jean Robic, testa di vetro, il bravo Pasquale Fornara con la sua Atala, Fiorenzo Magni, pronto ad approfittare della rivalità tra i due super-campioni, il simpatico e prominente nasone di Ferdi Kubler, campione svizzero, il bell’Hugo Koblet, che prima del traguardo si solleva dalla sella, estrae un pettinino dalla tasca e si sistema i capelli con cura…
Si gioca ore ed ore divertendosi, litigando, ridendo, prendendosi in giro. Finisce la giornata che è quasi buio con una rinfrescata al lavatoio e le donne che ci urlano di stare attenti a non sporcare i loro panni stesi ad asciugare e ci invitano ad andare a casa che è tardi.

Da “Memorie Lariane” di Renzo Romano, pubblicate dal Corriere di Como

ANDAA’ DE SFRUUS…(la fin)

Il boom economico degli anni ‘50 e ‘60 segnò la fine dell’epoca romantica del contrabbando e dello spallone, soppiantati dalla tecnologia e da sistemi di commercio illegale meno romantici, che non lasciano spazio ad una figura nata dal bisogno e dalla fame.
Non più riso, tabacco, caffè o orologi, ma droga, uranio, soldi, immigrati clandestini, come dimostrato dal triste fenomeno dei passatori. Le organizzazioni che lo curano non hanno nulla a che fare con le vecchie combriccole di paesani. Semplicemente schiacciando un tasto di invio di un computer, si possono contrabbandare più soldi che durante l’intero periodo d’oro del contrabbando lariano. Il progresso economico e sociale delle popolazioni ticinesi e dell’Alto Lago, poi, ha fatto il resto, eliminando quelle sacche di povertà che fino al dopoguerra servivano da serbatoio per le organizzazioni di contrabbandieri. La gente si è imborghesita: chi mai, oggi, se la sentirebbe di arrampicarsi sui sentieri ripidi che costeggiano il Sasso Gordona, portando sulla schiena trenta o quaranta chili di zucchero, sigarette, caffè e sfidando i proiettili e le trappole delle guardie di finanza?
Una figura di spicco di questo nuovo tipo di “sfrusadur”, è Augusto Arcellaschi, indicato come il nuovo boss del contrabbando di sigarette. Soprannominato “Il Rosso di Albiolo” per la sua capigliatura, o anche “Il macelarin” per i suoi trascorsi professionali, da tempo viene indicato in un fascicolo della Guardia di Finanza di Milano fra i sette capi del contrabbando internazionale. Da sempre uno scalino sotto Gerardo Cuomo, ora potrebbe aver preso il suo posto.
In paese è da moltissimi anni che non ci mette piede, ma tutti lo ricordano, sanno chi è. Nato a Como il 1° agosto del ’44 aveva preso residenza nell’Olgiatese non lontano da valico di Bizzarone, punto davvero strategico per i suo malaffari.
Negli Anni ’70 era già un pezzo da novanta del settore. A metà del decennio successivo conquistò grande fama per essere finito in galera nell’ambito della clamorosa inchiesta che riguardava lo scandalo della dogana di Chiasso e che aveva travolto alcuni funzionari in odor di corruzione che, in cambio di cospicue fette di milioni, chiudevano entrambi gli occhi e lasciavano transitare da Brogeda, tra il 1979 e il 1981, 160 tir carichi di “bionde”.
Un altro episodio risale al maggio del ’93 quando ad Albate cercò di recuperare un carico di sigarette che qualcuno aveva rubato alla sua, già allora, potente organizzazione malavitosa. Si era mosso personalmente, se non altro per far capire a tutti chi stava nella sala dei bottoni. Non ebbe molta fortuna in quell’occasione: nel luogo dove si erano incontrati i vari malavitosi erano arrivate anche le Fiamme Gialle e lui per fuggire aveva scavalcato una recinzione metallica. Durante il “salto”, però, venne tradito dalla sua fede matrimoniale rimasta impigliata nella rete. Arcellaschi ci lasciò un dito. Per nulla preoccupato lasciò il dito appeso alla recinzione e, seppur sanguinante, proseguì la sua fuga riuscendo ad entrare, grazie ai suoi uomini, in Svizzera da Rancate, nonostante anche la frattura ad una gamba riportata nello stesso “salto”… In quell’occasione si beccò una denuncia a piede libero con l’accusa di aver contrabbandato in tre mesi “soltanto” 60 tonnellate di sigarette. Accuse dalle quali venne prosciolto per una momentanea depenalizzazione del reato di contrabbando.
Mica finita: pochi mesi dopo, nel novembre del ’93, Augusto Arcellaschi venne arrestato dalla Polizia Cantonale del Ticino con l’accusa di aver corrotto l’allora Numero Due della Polizia di Chiasso, Leonardo Ortelli. Ma già ad inizio di quell’anno il “Rosso” di Albiolo era stato indagato per la misteriosa scomparsa di un camionista di Uggiate Trevano. Quel mistero non è mai stato chiarito. Di certo lo scomparso, che, secondo quanto era emerso dalle indagini, avrebbe effettuato parecchi trasporti illegali per conto del “Rosso”, quel giorno avrebbe dovuto incontrare proprio Arcellaschi, che alla fine venne arrestato in nel 2004 in Slovenia, per vari provvedimenti restrittivi delle autorità giudiziarie italiane, e sta scontando, credo ai domiciliari, quello che gli rimane delle pene detentive.

BUONA PASQUA

PASQUA PER TUCC…

Dent on ambient faa in strana manera
persònn divèrs de tutti i religion
s’incontren e lassen pèrd i discussion.
Gh’è armonia e l’aria l’è sincera.

Bagai vestii de bianch ‘me bombonera
se scambien tocchèi de pan e orazion,
beven de l’acqua con tanta attenzion.
Divèrsi vòlt el fann con bòna cera.

Oeuv de Pasqua coloraa fann de cornis.
Cont i ramm d’oliv in man hinn i sò gent.
Se varden e se scambien i sorris…

I sògn vann via de corsa compagn del vent
e quèi bèi sparissen cont el dissedass.
In del mè sògn fòrsi hoo veduu la pas…

Carlo AlbertarioPianell del Lari, el 7 de Agost del 2004

(In un ambiente fatto in strano modo persone diverse di tutte le religioni s’incontrano e smettono di discutere. C’è armonia e l’aria è sincera.
Bambini vestiti di bianco come bomboniere si scambiano pezzettini di pane e preghiere, bevono dell’acqua con tanta attenzione. Diverse volte lo fanno con buona maniera.
Uova di Pasqua colorate fanno da cornice. I loro genitori sono con i rami d’ulivo in mano. Si guardano e si scambiano sorrisi…
I sogni vanno via di corsa come il vento e quelli belli scompaiono con il risveglio. Nel mio sogno forse ho visto la pace.)