LA CASA DELLE SORDOMUTE IN MONTE OLIMPINO

Il 25 marzo 1912 ed il 13 aprile 1913 (questo, forse, più di quello) sono giorni che resteranno memorandi nei fasti della pubblica beneficenza, scritti a caratteri d’oro sulle pagine della storia comasca.
Il 25 marzo 1912 veniva posta e benedetta da Mons. Vescovo la prima pietra; il 13 aprile 1913 fatta la inaugurazione della nuova Casa per la sordomute della provincia di Como e di Sondrio, in Monte Olimpino nei sobborghi di Como.
Tanto alla prima che alla seconda cerimonia partecipò una folla straordinaria di gente, con le autorità ecclesiastiche e civili.
Erano migliaia di persone d’ogni classe e di ogni pensiero che un’armonia di cuori e di propositi riunì ed avvinse in un unico sentimento di compassione infinita, di sollecitudine amorosa, verso sventurati sino a ieri sperduti fra la società, nella privazione di un mezzo per comunicare fra di loro.
La cerimonia inaugurale, dopo ciò, non poteva riuscire nè più solenne, nè più simpatica. Nel vasto elegante salone/cappella, a S. A. R. il conte di Torino, che volle onorarla di sua presenza, facevano bella corona Mons. Vescovo, il ministro della P.I. on. Credaro, l’on. Marcora, presidente, e l’on. Carcano vice-presidente della Camera e tutte le Autorità.

Parlarono il presidente dell’Istituto Provinciale dei Sordomuti, avv. cav. Filippo Andina, il sindaco ed il ministro della P.I., e recitarono dialoghetti di omaggio e di ringraziamento al rappresentante di S. M. il Re, ed agli altri insigni benefattori un piccolo stuolo di sordomute ed un gruppetto di sordomuti, ora gli uni e le altre fatti sordo/parlanti, che commossero fino alle lagrime i presenti.
Se la festa del 13 aprile è stata, pur senza volerlo, una tacita ma splendida apoteosi delle Canossiane, che in quest’opera sono proprio state dei precursori, se ha fatto brillare, un’altra volta, fulgida la verità, che il sacerdozio cattolico è sempre all’avanguardia e sempre nei primi ranghi delle radiose falangi di quei grandi, di quei nobili cuori che si studiano e si adoperano a sollevare gli umili, a soccorrere i poverelli, ad istruire gli ignoranti, a trasformare in severi cristiani e civili i miseri cui natura pare dimostrarsi matrigna dura ed inesorabile; è pur degno di nota e di speciale doveroso rilievo, sopra tutti, il discorso pronunciato dall’on. Credaro il quale, con una franchezza che gli fa grandemente onore, ha reso plauso ed ha riconosciuto le benemerenze altissime che nella educazione dei sordomuti si è acquistato il clero, nel secoli. E tanto più che la casa inaugurata a Como è la prima che viene aperta, ed è in Como che ai iniziò l’applicazione del metodo fonico per la istruzione dei sordomuti, ed è ad un sacerdote della nostra Diocesi, il can. cav. Serafino Balestra, che risale il merito di tale applicazione: a lui che puossi ben dire abbia fatto proprio il programma di quelle suore che gli furono assidue, intelligenti collaboratrici nell’opera santa di redenzione.
Ho detto che le nostre buone Canossiane sono state dei precursori nell’opera di redenzione delle sordomute.
Appena giunte fra noi, nell’anno 1851, per volere del compianto Vescovo Romanò, le umili figlie della Carità Canossiana, aprivano una casa in fondo all’angusto, solitario e silente vicolo che ora si intitola a Serafino Balestra, incominciando subito ad accogliere insieme alle giovani degli Oratori festivi, ed alle fanciullette delle Scuole popolari, alcune povere sordomute, di cui tentarono l’istruzione e l’educazione col metodo digitologico allora in voga. l risultati conseguiti furono così soddisfacenti da richiamare ben presto in aiuto delle Suore educatrici, il concorso della carità privata e degli enti pubblici ed il favore generale.
Al metodo digitologico antiquato venne però ben tosto sostituito per merito del Balestra quello fonico e l’istituto eretto in ente morale col R. Decreto 20 marzo 1865 e disciplinato da statuto organico approvato con R. Decreto 30 maggio 1884, ha percorso brillantemente la sua ascensione, poichè oggi, al termine della loro istruzione, gli alunni maschi e femmine, oltre sapere comunicare oralmente colla società, possono esercitare anche un proficuo mestiere guadagnandosi onestamente la vita.
Difatti, nell’Istituto, all’intruzione fonica si aggiunge, pei maschi, l’insegnamento del mestiere del calzolaio, del falegname e del sarto, e per le ragazze, del cucito, del rammendo e dei merletti.
Ma fu presso le Sezione femminile dell’Istituto Provinciale di Como, per merito del Cav. Balestra che prevalse, e si impose il principio che “unico mezzo” di insegnamento ai sordi fosse la parola articolata, pronunciata dal labbro, e che il “procedimento” fosse “intuitivo” fatto cioè in presenza degli oggetti o delle azioni; “pratico” che rispondesse ai bisogni della vita, e si mantenesse in relazione colle impressioni avute, e ai fatti percepiti ; “razionale”, che seguisse cioè l’ordine naturale e lo svolgimento psichico e logico dell’allievo.
Le sordomute istruite in via Serafino Balestra mostrarono di saper parlare e di capire la parola parlata, non coll’udito ma con la vista, leggendo cioè sul labbro di chi parlava: la loro educazione nei diversi saggi scolastici parve meravigliosa e il metodo orale fu proclamato il migliore di tutti i metodi!…
Il bisogno però di accogliere un maggior numero di infelici giovanette già in età di essere istruite, il desiderio di meglio favorire l’applicazione del metodo orale con provvide divisioni di classi e di ricreazioni, e soprattutto impellenti esigenze igieniche determinarono l’onorevole Consiglio di Amministrazione a concretare un ardito progetto, già da tempo vagheggiato, l’erezione, cioè, di una nuova apposita sede per le sordomute.
Il sogno radioso, che in un certo momento parve di difficile se non di impossibile realizzazione, è oggi un fatto compiuto.La nuova Casa di Monte Olimpino che é intitolata a Re Umberto, sorge sul ridente poggio di Monte Olimpino. Si adagia su un bellissimo pianoro, isolata dagli altri caseggiati, circondata di verde, inondata di aria, di luce e di libertà, fornita di tutto che meglio valga a favorire l’educazione fisica, intellettuale, morale e artiera delle sordomute, con vasti cortili, orto e vigna sopra un’area di circa 7000 metri q., con locali non ristretti come prima alle esigenze dell’Istituto, ma preordinati e coordinati ad esse.
Il nuovo grandioso fabbricato di Monte Olimpino, il quale presenta una fronte di m. 47.30 ed un fianco di m. 33.50, è costituito da un piano sotterraneo, un piano terreno, due piani superiori ed un sotto tetto, ed è provvisto di tutti gli impianti più moderni di acqua potabile, gas, luce elettrica, riscaldamento centrale a termosifone, riscaldamento speciale per bagni e doccie, motore elettrico e lavanderia.
Al piano terreno coll’atrio e le sale di ricevimento c’è la cappella, un magnifico refettorio, cui fan seguito cucina, dispensa, ecc., e la palestra; il tutto arredato con semplicità e proprietà squisita.
Al primo piano si trovano le aule scolastiche spaziose e illuminate, il museo, la sala di lavoro, dove le sordomute si addestreranno in lavori muliebri d’ogni sorta.
Al secondo piano si svolgono simmetrici due vastissimi dormitori, dai candidi lettini freschi e nuovi. Due vaste terrazze scoperte dalle quali si gode la vista del bel crinale di Brunate, serviranno di ricreazione nelle lunghe e incantevoli serate estive.
Manca proprio nulla alla nuova cara delle sordomute: neppur l’infermeria preparata coi migliori arredamenti medici ed igienici.
Il grazioso imponente fabbricato si presenta armonioso nelle sue linee fiammanti, nella decorazione sobria e rispondente in ogni sua parte alle finalità affatto speciali dell’opera.L’ing. Giussani che col collega conte Carlo Reina ne stese il progetto e poi ne curò l’esecuzione, l’architetto Zacchi cui è dovuta la parte decorativa, l’impresa Butti e Marazzi che condusse le opere di costruzione, riscossero ben meritate lodi.
Ma io sento di dover registrare con esultanza viva l’avvenimento che ha interessato così intensamente la mia Como, gentile e benefica, di registrarlo e perché è esempio fulgido, altissimo di carità cristiana profondamente sentita, e perché mi pare già che per l’orecchio scenda al cuore gradita e cara l’eco commossa e commovente di quelle voci nove di misere fanciulle che di là, da quella casa testè inaugurata e fra qualche giorno risuonante del passo greve delle piccole sordomute. si alze­ranno a benedire a chi, col tesoro della favella ridona loro una nuova vita.

Como, aprile 1913        F. Moja

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