Mese: Ottobre 2011

QUELLO CHE “FACEBOOK” SA DI VOI!

Max Schrems sorride da dietro alla scrivania, con il braccio su una pila di 1.200 fogli A4. Lì dentro c’è scritto tutto quello che Facebook sa di lui: nome, cognome, gusti personali, preferenze politiche, conversazioni, foto. Tutto. «Roba da far impallidire il Kbg o la Cia», dice. Eppure Max Schrems, a dispetto del nome che sa di spia di Berlino Est al tempo della guerra fredda, è solo uno studente austriaco di 24 anni. Quelle 1.200 pagine, spiega, esistono per ognuno degli 800 milioni di iscritti su Facebook ed è ora che tutti lo sappiano e le vedano.
Lui ha fatto da apripista. Un giorno ha richiesto all’azienda che gestisce il social network i dati che lo riguardavano. Dopo vari tentativi andati a vuoto si è visto arrivare a casa un cd che conteneva un file Pdf con il suo «dossier» personale nelle mani di Facebook: le 1.200 pagine con tutte le conversazioni che aveva avuto nei tre anni di presenza sul social network, le foto che aveva caricato e quelle in cui era stato taggato, i messaggi inviati e le pagine preferite.
Max ha scandagliato quelle pagine e ha denunciato 22 presunte irregolarità al garante dei dati personali che secondo lui vengono commesse quotidianamente dal social network: la raccolta di informazioni degli utenti a loro insaputa; il consenso per la privacy formulato in modo non valido; il riconoscimento facciale degli utenti introdotto senza il loro consenso; la dichiarazione con cui l’azienda dichiara di non poter garantire alcun tipo di sicurezza dei dati raccolti. E soprattutto, la sopravvivenza nei server della società di tutti i dati personali (tag, foto, post, messaggi, ecc.) che sono stati cancellati dagli utenti.
Dopo la scoperta Max ha creato il sito EuropevsFacebook. Da qui vuole invogliare gli altri utenti europei di Facebook a fare quello che ha fatto lui e spiega la procedura per farsi inviare a casa il proprio «dossier» personale. «Facebook cercherà di farvi desistere», spiega Max, «magari inviandovi solo i dati dei vostri log-in». Per questo, continua, bisogna insistere con la procedura normale. Se tutto va bene, entro 40 giorni l’utente dovrebbe ricevere un cd con i propri dati personali. Max Schrems l’ha ricevuto. Un plico con oltre 1000 pagine. Certo, c’è da dire che Facebook conosce dei propri utenti solo ciò che gli utenti pubblicano. E molti, più o meno consciamente, sanno che nulla di ciò che va sui social network resta segreto. Ma quel plico sulla scrivania di Max fa impressione.

FIN CHE “FACEBOOK” NON CI SEPARI!!!

Quando una persona lascia la vita terrena i familiari, oltre a elaborare il lutto, devono occuparsi della burocrazia e delle questioni inerenti l’eredità.
Se finora il testamento o le leggi sulla successione permettevano ai parenti di ottenere i beni con una certa logica e linearità , ora emerge la questione di quella che è l’eredità digitale. Nell’era del 2.0, le attività  quotidiane ruotano sempre più intorno a Internet: da conti correnti on line, alla posta elettronica, dagli account su siti commerciali ai social network.
Le leggi sulla privacy impediscono alle piattaforme cui ci si iscrive di cedere password e altri dati; per questo, per recuperare eventuali beni fisici o affettivi, è necessario avere l’autorizzazione del defunto attraverso un atto testamentario, oppure dimostrare il trapasso del proprio caro attraverso certificati di morte e ulteriore articolata documentazione. Un calvario burocratico insomma, per impedire che il web fagociti informazioni, dati e denaro del caro estinto.
Ed è proprio per evitare gabole di questo genere che in Gran Bretagna gli studi legali e notarili chiedono ai clienti, al momento della stesura del testamento, di lasciare per iscritto username e password di tutti i siti utili. Una ricerca condotta dal Goldsmith College e dal sito Rackspace dimostra che l’11 per cento degli adulti britannici lascerà nelle ultime volontà gli accessi digitali. Una percentuale ancora bassa che dimostra la nostra appartenenza alla prima generazione digitale.
Quest’anno è stato calcolato che dai social come Facebook, Twitter e MySpace scompariranno circa 1,8 milioni di membri e se i familiari non si occuperanno dell’estinzione dei loro account, i profili dei defunti rimarranno inevitabilmente attivi. Google, eBay, PayPal et similia non riveleranno mai password e username, se non attraverso una battaglia burocratica spesso vana.
Per questo negli Usa sono nati i primi siti che gestiscono la vita digitale dei deceduti. Legacy Locker e My Webwill ne sono due esempi. Con circa 30 dollari all’anno queste piattaforme si incaricano di immagazzinare dati, foto, filmati, password, operazioni bancarie per inviarli alle persone indicate dal cliente a vita ultimata.

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